Padre Nicolás: Compagnia di Gesù sempre più africana e asiatica
“Abbiamo bisogno del cambiamento. Abbiamo bisogno degli altri per ricordare ciò che
è stato dimenticato”. Con queste parole, ieri sera, padre Adolfo Nicolás, Preposito
Generale dei Gesuiti, ha spiegato quanto sta accadendo nella Compagnia di Gesù, dove
le vocazioni si manifestano oggi in aree geografiche diverse rispetto al passato.
Solenne l’occasione: l’omelia pronunciata nella Chiesa romana del Gesù, nella memoria
liturgica del fondatore della Compagnia Sant’Ignazio di Loyola. La sua vicenda umana
e spirituale e i capisaldi del suo insegnamento, invece, sono stati ripercorsi stamani
dal vescovo di San Sebastian, mons. Joan Maria Uriarte Goiricelaya, durante le celebrazioni
nella terra d’origine del Santo. Il servizio è di Silvia Gusmano:
Ha il volto
dell’Asia e dell’Africa il futuro della Compagnia di Gesù. E a questo cambiamento
che interessa tutta la Chiesa, nata in Medio Oriente e cresciuta in Europa, padre
Nicolás guarda con grande ottimismo:
“Questo
cambiamento demografico non è soltanto un fenomeno sociologico. Credo che sia una
grande opportunità di rinnovamento per tutti noi, l’opportunità di tornare alle origini.
L’Asia e l’Africa ci riporteranno a dimensioni di umanità, di spiritualità, di ministero
e di servizio che forse, in Europa, abbiamo perduto”.
Ad
alimentare la fiducia verso il cambiamento, le esperienze dirette che il Preposito
ha vissuto in viaggi recenti in questi continenti, le testimonianze di fede cui ha
assistito. Queste le riflessioni sul Ruanda, Paese dilaniato dal genocidio, che l’ha
accolto con danze e canti gioiosi:
“Sant’Agostino
diceva: quando cantate pregate due volte. Allora io mi chiedo: quante volte pregano
questi africani, che danzano e ballano il proprio dolore, che ballano la propria speranza,
che ballano le proprie gioie e i propri timori? Tutto questo si fa danza. Così loro
scelgono la vita. E con l’Africa vivremo anche noi, perché l’Africa è il futuro della
Chiesa”. Dobbiamo dunque scacciare
la paura che ci assale davanti al cambiamento – ha proseguito padre Nicolás
– e non temere per la nostra identità che va ben oltre la provenienza geografica:
“Il
Vangelo ci dice che questa questione non è una minaccia, è una nuova chiamata. Quello
che ci terrà insieme, quello che ci manterrà fedeli alla nostra vocazione, sono i
punti centrali della spiritualità di Sant’Ignazio e il Vangelo di oggi ci ricorda
un punto essenziale: dobbiamo morire a noi stessi per trovare Cristo. Che sia Cristo
ciò che conta veramente, che sia Cristo il punto centrale della nostra identità”. Questa
dinamica di morte e vita – ha concluso padre Nicolás come a chiudere
un cerchio – è presente anche in altre religioni a cominciare dal Buddismo. La grande
religione orientale, infatti, insegna che più siamo coscienti della nostra vacuità,
più siamo capaci di provare compassione per gli altri.