2009-08-01 14:33:23

Padre Nicolás: Compagnia di Gesù sempre più africana e asiatica


“Abbiamo bisogno del cambiamento. Abbiamo bisogno degli altri per ricordare ciò che è stato dimenticato”. Con queste parole, ieri sera, padre Adolfo Nicolás, Preposito Generale dei Gesuiti, ha spiegato quanto sta accadendo nella Compagnia di Gesù, dove le vocazioni si manifestano oggi in aree geografiche diverse rispetto al passato. Solenne l’occasione: l’omelia pronunciata nella Chiesa romana del Gesù, nella memoria liturgica del fondatore della Compagnia Sant’Ignazio di Loyola. La sua vicenda umana e spirituale e i capisaldi del suo insegnamento, invece, sono stati ripercorsi stamani dal vescovo di San Sebastian, mons. Joan Maria Uriarte Goiricelaya, durante le celebrazioni nella terra d’origine del Santo. Il servizio è di Silvia Gusmano:RealAudioMP3

Ha il volto dell’Asia e dell’Africa il futuro della Compagnia di Gesù. E a questo cambiamento che interessa tutta la Chiesa, nata in Medio Oriente e cresciuta in Europa, padre Nicolás guarda con grande ottimismo:

 
“Questo cambiamento demografico non è soltanto un fenomeno sociologico. Credo che sia una grande opportunità di rinnovamento per tutti noi, l’opportunità di tornare alle origini. L’Asia e l’Africa ci riporteranno a dimensioni di umanità, di spiritualità, di ministero e di servizio che forse, in Europa, abbiamo perduto”.

 
Ad alimentare la fiducia verso il cambiamento, le esperienze dirette che il Preposito ha vissuto in viaggi recenti in questi continenti, le testimonianze di fede cui ha assistito. Queste le riflessioni sul Ruanda, Paese dilaniato dal genocidio, che l’ha accolto con danze e canti gioiosi:

 
“Sant’Agostino diceva: quando cantate pregate due volte. Allora io mi chiedo: quante volte pregano questi africani, che danzano e ballano il proprio dolore, che ballano la propria speranza, che ballano le proprie gioie e i propri timori? Tutto questo si fa danza. Così loro scelgono la vita. E con l’Africa vivremo anche noi, perché l’Africa è il futuro della Chiesa”.

 
Dobbiamo dunque scacciare la paura che ci assale davanti al cambiamento – ha proseguito padre Nicolás – e non temere per la nostra identità che va ben oltre la provenienza geografica:

 
“Il Vangelo ci dice che questa questione non è una minaccia, è una nuova chiamata. Quello che ci terrà insieme, quello che ci manterrà fedeli alla nostra vocazione, sono i punti centrali della spiritualità di Sant’Ignazio e il Vangelo di oggi ci ricorda un punto essenziale: dobbiamo morire a noi stessi per trovare Cristo. Che sia Cristo ciò che conta veramente, che sia Cristo il punto centrale della nostra identità”.

 
Questa dinamica di morte e vita – ha concluso padre Nicolás come a chiudere un cerchio – è presente anche in altre religioni a cominciare dal Buddismo. La grande religione orientale, infatti, insegna che più siamo coscienti della nostra vacuità, più siamo capaci di provare compassione per gli altri.







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