E’ di nuovo violenza in Iraq, ad un mese dal ritiro delle truppe statunitensi dai
centri urbani del Paese e nelle stesse ore in cui anche la Gran Bretagna ha messo
fine a sei anni di presenza militare nello Stato del Golfo. Una serie di bombe è esplosa
ieri nei pressi delle moschee sciite di Baghdad, uccidendo - nel venerdì di preghiera
- almeno 29 persone e ferendone oltre 100. Negli ultimi mesi gli sciiti sono stati
spesso obiettivo degli attentati a Baghdad e non solo. Sulle ragioni di tali violenze,
Giada Aquilino ha intervistato il giornalista iracheno Latif Al Saadi:
R. - Gli
ultimi attentati non sono stati soltanto contro i luoghi di culto degli sciiti ma
anche contro i luoghi di culto dei cristiani presenti in Iraq. Ricordiamo che, poco
tempo fa, ci sono stati diversi attacchi a Mossul e a Baghdad. Per quanto riguarda
in particolare le violenze contro gli sciiti, il mondo pensa che, siccome Al Qaeda
e le altre forze armate che stanno compiendo tutti questi attentati sono in generale
sunniti, allora cercano di creare caos, come nel 2006-2007, quando hanno fatto esplodere
il mausoleo di Samarra, quando quasi siamo arrivati alla guerra civile fra le diverse
comunità del Paese. Credo, però, che gli iracheni abbiano superato questa situazione
e stiano guardando verso le prossime elezioni, che si terranno a gennaio 2010. La
popolazione ha già dato segnali alle ultime elezioni regionali. Vuole proprio cambiare:
non più un Iraq in cui il processo politico sia basato sull’appartenenza settaria
o religiosa. Quindi l’obiettivo di questi attentati è di provocare il conflitto settario,
però credo che più dell’ottanta per cento degli iracheni sia andato oltre questa situazione.
Gli attentati non avranno dunque alcun effetto verso nuovi scontri settari fra gruppi
diversi, perché gli iracheni credono fino in fondo che non ci siano diversità tra
gli sciiti e i sunniti.
D .- Non si devono, quindi,
temere nuovi scontri a sfondo etnico-religioso?
R.
– Sinceramente non ho questa paura, anche se temo che tornino in azione certi gruppi
miliziani. Adesso in Iraq la situazione è cambiata. Voglio essere ottimista, senza
dimenticare però le difficoltà, i motivi e i diversi elementi interni dell’Iraq ma
anche esterni, cioè i Paesi vicini che cercano di mettere mano sull’Iraq, come l’Iran,
la Turchia, gli altri Paesi a ovest e sud. Sono fiducioso, conoscendo la realtà irachena,
che stiamo andando verso uno Stato democratico federale. Credo che questo sia l’obiettivo
di tutti gli iracheni.