Decima edizione del Festival internazionale di musica “Pietre che cantano”
Si apre oggi in Abruzzo la X edizione del Festival internazionale di musica “Pietre
che cantano”. Fino al 12 agosto musicisti da tutto il mondo faranno rivivere i luoghi
feriti dal terremoto con otto concerti negli antichi borghi dell’aquilano. La storia
del Festival e il patrimonio musicale abruzzese sono il filo conduttore dell’evento
che unisce tradizione e originalità nella presentazione di grandi successi classici.
Sul valore che il Festival ha quest’anno, l’intervista di Mariella Pugliesi
al direttore artistico Luisa Prayer: R.
– Abbiamo bisogno di ritrovare la nostra dimensione ordinaria. Sta succedendo molto
di straordinario in queste terre, sia come gesti di solidarietà – che sono molto importanti
– ma anche dal punto di vista della proposta spettacolare, musicale, concertistica:
vengono in molti, anche i “big” dello spettacolo, a fare qui i loro concerti … A noi,
invece, interessa dire che questa terra aveva già un suo modo di rapportarsi all’arte
e alla musica, anche profondamente colto, perché L’Aquila è una città colta, è una
città di università, di conservatorio, di accademia, è una città con un’orchestra
che ha 40 anni, con una società dei concerti che pure c’è da 40 anni … Quindi, è una
città che ha un rapporto con la musica molto profondo …
D.
– Nelle scorse edizioni, le chiese del Duecento e del Trecento ospitavano i concerti;
oggi che gli antichi borghi sono stravolti, dove si terranno?
R.
– Delle dieci sedi monumentali che abbiamo utilizzato negli ultimi anni, purtroppo
una sola in questo momento è agibile: è la chiesa di San Panfilo che si trova a Ocre,
e poi faremo dei concerti anche nelle tendopoli: a Paganica e a Villa Sant’Angelo,
che sono stati particolarmente danneggiati dal terremoto, e poi il 6 agosto – a quattro
mesi dal terremoto – faremo un concerto di commemorazione a Bominaco, nella chiesa
di Santa Maria Assunta, una delle più importanti d’Abruzzo.
D.
– Il Festival propone una master-class: ci spiega in cosa consiste?
R.
– Avevamo programmato di fare questa master-class già dall’anno scorso, perché si
era creato un feeling particolare con questi magnifici quattro strumentisti del Quartetto
di Cremona. All’indomani del terremoto, ci siamo chiesti dove avremmo potuto ripetere
questa master-class, e se saremmo mai riusciti a convincere dei giovani a venire in
Abruzzo in questo momento. Abbiamo aspettato e ci siamo resi conto che ad un certo
punto era molto importante mantenere questo programma perché, anche se simbolicamente,
vuole contrastare un movimento centrifugo che si è venuto a creare dopo il terremoto.
Molte persone sono andate via e non se la sentono di tornare. Noi, invece, vogliamo
portare delle persone qui: quindi, portare qui dei giovani, stare in questo luogo,
fare musica, sentirsi motivati anche a tornare: ecco, era questa la motivazione importante
della master-class in questo momento. Oltre al fatto di offrire a dei giovani strumentisti
di lavorare con i musicisti del quartetto di Cremona che veramente sono un ensemble
italiano di grande presenza a livello internazionale.
D.
– Questa edizione è rivolta alla popolazione abruzzese...
R.
– Quest’anno, il festival si rivolge alla propria gente per restituire tutti quegli
sforzi in termini di risorse economiche ed umane che erano state investite in questo
festival.