Afghanistan: appello dei talebani a boicottare le elezioni
In Afghanistan si inasprisce lo scontro tra ribelli talebani e il contingente internazionale.
Agli attacchi dell’Isaf contro le postazioni della guerriglia i talebani hanno risposto,
esortando la popolazione a boicottare le elezioni presidenziali del 20 agosto prossimo.
La buona riuscita del voto rappresenta un momento decisivo per il futuro del Paese,
anche alla luce del dibattito in corso nella comunità internazionale sul possibile
ritiro delle truppe. Il premier italiano, Berlusconi, parla di exit strategy,
ma solo dopo le consultazioni. Il primo ministro spagnolo, Zapatero, invece si dice
disposto ad aumentare stabilmente il contingente di Madrid in Afghanistan proprio
per garantire la correttezza del voto. Di questa situazione Giancarlo La Vella
ha parlato con Margherita Paolini, esperta di Afghanistan della rivista di
geopolitica “Limes”:
R. – Dal
punto di vista militare, la situazione non sta andando nel verso voluto. Il problema
principale è rappresentato dal fatto che gli inglesi – che in fondo sono quelli che
hanno sempre dato un contributo più fattivo alle controffensive – si trovano veramente
a malpartito: c’è uno scontro anche tra il governo e i militari e praticamente, se
si vuole andare avanti con l’offensiva antitalebana, c’è la necessità di avere molte
più truppe o maggiori equipaggiamenti. E’ chiaro che questo favorisce le manovre anche
politiche dei talebani. D. – Un’iniziativa politica potrebbe
essere proprio questa dei talebani di boicottare le elezioni del 20 agosto. Quali
i motivi di quest’iniziativa? R. – Perché probabilmente abbassando
il tasso di votazioni a favore di Karzai, questi non riuscirebbe a vincere al primo
turno. C’è un oppositore di Karzai che potrebbe avere qualche possibilità d’uscita
– si chiama Abdullah Abdullah -; è stato il suo ministro degli Esteri per cinque anni
e oggi fa la sua campagna su un discorso molto sentito e cioè quello di trasformare
un potere limitato a Kabul di tipo imperiale con un potere parlamentare più rappresentativo
e con nomine di governatori attraverso un sistema locale. Diciamo che sabotare le
elezioni è un qualcosa che può portare vantaggio, creando ballottaggi, non solo ai
talebani ma anche ad altri gruppi etnici e movimenti politici, comunque oppositori
del potere centrale. Temo che Karzai sia troppo "consumato", se vogliamo, per cui
non si può pensare che un Paese come l’Afghanistan possa essere gestito da Kabul con
un personaggio politico che ha così poca popolarità. D. – Guardando
sempre al futuro del Paese, dialogare con i talebani moderati inserendoli nelle istituzioni:
questa è la ricetta dettata da Stati Uniti e Gran Bretagna. E’ fattibile una cosa
del genere? R. – I talebani sono intanto una parte della popolazione.
La rivolta sul territorio comprende tantissimi gruppi; esiste qualche talebano moderato
ma il problema è più generale: la rivolta contro il governo centrale ha tante facce
ed alcune non sono del tutto deprecabili. Il Paese è vasto e variegato e finora non
è rappresentato.