La denuncia di Msf: grave la situazione degli immigrati a Malta. Intervista con Gabriele
Santi
Ogni mese sono centinaia i migranti che finiscono il loro viaggio nei Centri di detenzione
sull’isola di Malta, dove sono costretti a vivere in condizioni difficilissime con
gravi conseguenze sul loro stato di salute. A lanciare l’allarme è Medici Senza Frontiere
(Msf), che denuncia il trattamento disumano a cui gli immigrati sono sottoposti e
le costanti violazioni dei loro diritti. Ma qual è attualmente la situazione nei centri
dove opera l’organizzazione umanitaria? Cecilia Seppia lo ha chiesto a Gabriele
Santi, coordinatore del progetto di Msf a Malta:
R. - Noi
siamo in un solo centro in questo momento e qui a Malta ce ne sono tre. Quest’anno,
Medici Senza Frontiere era uscita dai centri di detenzione, visto che le condizioni
di vita erano pessime e c’erano grosse difficoltà da parte dei nostri operatori medici
di fare il loro lavoro.
D. - Di quali difficoltà
si tratta?
R. - La difficoltà principale riguardava
il fatto che erano centri nei quali c’era troppa gente e i livelli di igiene erano
molto bassi. Inoltre, c’era l’impossibilità di dare i farmaci dopo la consultazione
e non c’era nemmeno spazio per un centro di isolamento in caso di malattie infettive.
Venivano messi nelle gabbie sia donne incinte, che bambini e adulti.
D.
- Medici Senza Frontiere ha pubblicato in aprile il Rapporto nel quale si denunciano
queste terribili condizioni di vita cui i migranti sono sottoposti, così come le violazioni
dei diritti umani. E’ cambiato qualcosa in questi mesi?
R.
- Da allora, abbiamo avuto un periodo di negoziazione con il governo maltese e abbiamo
raggiunto un accordo sul nostro rientro in un centro che si chiama “Ta’kandja”, che
è una sorta di centro di ricezione. Prima di tutto, siamo ritornati perché qui non
c’era nessuna attività medica e in secondo luogo perché alcune nostre richieste sono
state indirizzate: abbiamo avuto a disposizione una clinica e poi abbiamo la possibilità
di fornire i farmaci immediatamente dopo la consultazione. Qui le condizioni di vita
sono migliori, perché comunque c’è un numero sufficiente di docce e di bagni.
D.
- Come arrivano gli immigrati dopo i cosiddetti “viaggi della speranza”, come sono
ridotti?
R. - Un buon 60 per cento di casi parte
da situazioni di contesti di guerra o di oppressione. Devono, comunque, sopportare
un viaggio traumatico. Devono affrontare la detenzione in Libia e arrivati qui a Malta,
per esempio, devono anche affrontare la detenzione e finché poi non venga verificato
il loro status rimangono in detenzione.
D. - Qual
è la denuncia e l'appello che oggi leva Medici senza frontiere?
R.
- La questione riguarda tutti i respingimenti delle barche, che vengono rimandate
in Libia perché, non avendo siglato la Convenzione di Ginevra, la Libia praticamente
non riconosce a nessuno lo status di rifugiato. Molte di queste persone però, soprattutto
i somali, vengono da contesti di guerra e hanno bisogno di protezione umanitaria e
molti altri che vengono, per esempio, dall’Eritrea rischiano la vita se tornano nel
loro Paese.