2009-07-27 14:24:24

Nuovi attacchi in Afghanistan in vista delle presidenziali


In Afghanistan cresce la tensione: a poco meno di un mese dalle presidenziali, si susseguono attacchi ed attentati. 22 i morti nelle ultime ore: tra le vittime 16 talebani, due soldati afghani e un militare della forza internazionale Isaf. Sotto attacco anche i soldati italiani nella Regione Ovest, mentre nel distretto di Bala Murghab, a Badghis, grazie alla mediazione degli anziani e dei capi della provincia è stato stabilito l'accordo per un cessate il fuoco fino al 20 agosto, data delle elezioni. Massimiliano Menichetti ha intervistato Andrea Margelletti presidente del Centro Studi Internazionali:RealAudioMP3

R. – La decisione degli insorti di addivenire ad un accordo con il governo centrale è segno che la strategia del combattimento tout court non è assolutamente pagante. Naturalmente, è altrettanto importante il fatto che il governo abbia deciso di parlare con la parte avversa, proprio perché sono attori determinanti nel processo di stabilità dell’Afghanistan.

 
D. – I talebani stanno intensificando le violenze in vista delle elezioni del 20 agosto per impedirle: perché sono così importanti?

 
R. – L’importanza è quella che lentamente, in un Paese dove governavano con lucida follia i talebani, è ripreso un processo di dialogo – mettendo al centro gli anziani delle tribù, le varie componenti etniche. Ecco, questo è un fatto assolutamente importante.

 
D. – Ma qual è la situazione dal punto di vista della sicurezza?

 
R. – Le azioni del contingente internazionale della coalizione, insieme alle forze afghane, sono riuscite a indebolire sensibilmente il dispositivo talebano. Ma non solo talebani: parliamo oramai di insorti, quindi signori della guerra, trafficanti di armi e droga e quant'altro.

 
D. – Lei è da pochi giorni tornato dall’Afghanistan. Come ha trovato questo Paese?

 
R. – Ho trovato un Paese dove per sette anni si è parlato tantissimo, si è sparato troppo e si è ricostruito poco. Questo perché ricostruire vuol dire spendere tanti, tanti soldi e nessuno ha voglia di farlo: però, è l’unica alternativa. E’ necessaria in Afghanistan una visione comune, vuol dire che dev’esserci una assoluta concertazione sui rapporti tra le varie nazioni, regole di ingaggio comuni … C’è ancora molto, molto da fare!

 
D. – Nelle ultime settimane sono stati presi di mira anche i soldati italiani e si discute sulla necessità di rimanere o meno nel Paese …

 
R. – Ogni concetto di strategia di uscita nelle attuali condizioni equivale sostanzialmente a riconsegnare il Paese a chi con follia l’ha governato con il terrore negli anni passati. Penso che la presenza italiana in Afghanistan sia assolutamente determinante, perché hanno bisogno di tutto. L’ultima cosa di cui hanno necessità è vedere un alleato capace e fedele che si allontana.

 
D. – Quanto è importante che gli stessi afghani siano gli attori principali del controllo del Paese?

 
R. – Non è importante, è determinante. E’ il loro Paese. Fondamentale è che come stanno facendo gli italiani, li si coinvolga nell’azione di stabilità di casa loro.







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