Giovani della diocesi di Roma in pellegrinaggio in Terra Santa
Sono partiti oggi per un pellegrinaggio di una settimana in Terra Santa 164 giovani
della diocesi di Roma, guidati dal vicegerente mons. Luigi Moretti. Le prime tre notti
i ragazzi pernotteranno sul Monte delle Beatitudini. Altre tappe previste sono Cafarnao,
il lago di Tiberiade, Betlemme e Gerusalemme: qui sosteranno in preghiera sui luoghi
dell’agonia, della morte e della risurrezione di Gesù e domenica 2 agosto, con la
comunità locale, parteciperanno alla celebrazione della Santa Messa. Il pellegrinaggio
si concluderà, il 3 agosto, ad Emmaus. Marina Tomarro ha intervistato don
Maurizio Mirilli, direttore del Servizio diocesano per la pastorale giovanile
e accompagnatore spirituale dei ragazzi in questo loro cammino.
R. - Vedremo
forse meno cose del pellegrinaggio classico, ma ci concentreremo di più su alcuni
luoghi dove faremo delle meditazioni; quindi è pensato come una sorta di “esercizi
spirituali itineranti” sui luoghi di Gesù. Tutto questo sarà bello perché vissuto
da giovani: il pellegrinaggio è pensato per i giovani, anche il camminare e lo stare
tutti insieme sarà un momento di gioia.
D. –Perché
avete scelto proprio Emmaus come tappa conclusiva?
R.
– Perché ad Emmaus, in qualche maniera, saremo chiamati a dire: "non ci ardeva forse
il cuore?" Sarà il momento per fare il punto della situazione di tutto il pellegrinaggio,
per ricordarci di non dimenticare tutto quello che abbiamo vissuto e che soprattutto
il Signore ci chiama poi a ritornare a casa per la missione.
D.
– Quali sono le emozioni dei ragazzi per questo pellegrinaggio?
R.
– Le emozioni sono quelle tipiche di chi parte per la prima volta per un viaggio così
importante. La maggior parte dei giovani che vengono si trovano al loro primo viaggio
in Terra Santa e quindi sono emozionatissimi, desiderosi d’incontrare il Signore e
di ascoltare, in qualche maniera, la sua voce un po’ più da vicino, sono desiderosi
di camminare sui luoghi dove Gesù ha camminato. E’ come una sorta di sosta, nella
loro vita, per fare il punto della loro situazione. E’ bello perché sono giovani che
partecipano con il desiderio di progettare la vita e questa tappa del viaggio in Terra
Santa è per loro una tappa importante.
D. – Cosa
vuol dire, per questi giovani, andare in Terra Santa e incontrare Gesù?
R.
– Vuol dire capire come bisogna comportarsi da giovani cristiani. Significa capire
cosa vuol dire la sequela, cosa vuol dire stare dietro a Gesù fino in fondo. Credo
che un momento particolarmente interessante ed importante, da questo punto di vista,
sarà la meditazione che faremo a Tabka, sul lago di Tiberiade, nel luogo del primato,
dove Gesù ha chiesto a Pietro di seguirlo fino in fondo e dove diremo a questi giovani
di dire il loro “ti amo” al Signore. Che sia una sequela definitiva e coraggiosa dietro
al Signore.
D. – Cosa racconteranno, quando torneranno
a coloro che non hanno potuto prendere parte a questo viaggio?
R.
– Porteranno sicuramente a casa una parola che il Signore gli avrà detto in modo particolare,
in quei giorni, una parola chiara che avrà illuminato in qualche modo la loro vita
e soprattutto i loro progetti per il futuro. Si porteranno dietro il desiderio di
annunciare il Signore, il desiderio della missione.