Brasile: cento anni di presenza dei Frati Cappuccini umbri
Ieri ricorreva il primo centenario della presenza dei Frati Minori Cappuccini, provenienti
dall’Umbria a Manaus, capitale dell’Amazzonia brasiliana. Per la circostanza, i religiosi
hanno scelto un festeggiamento sobrio, di impronta francescana, con celebrazioni liturgiche,
nelle varie residenze. Ad accompagnare la cerimonia, i canti della corale Marietta
Alboni di Città di Castello (PG), che ha tenuto un concerto anche nel Teatro Amazonas
di Manaus. I primi quattro frati, provenienti da Assisi, giunsero nell’Amazzonia brasiliana
il 26 luglio 1909, proprio nel momento in cui, il Paese stava vivendo una situazione
economica difficile: lo Stato si stava spopolando a causa della crisi del commercio
della gomma, determinata dal furto, da parte degli europei dei semi dell’albero. La
loro missione, che riguardava l’assistenza ai seringueiros (raccoglitori di caucciù)
e agli indios Ticuna, la tribù più numerosa di tutto il Brasile si svolgeva nella
parte più occidentale dell’Amazzonia, nell’Alto Solimões. Il territorio aveva una
superficie di 140 mila kmq e poco più di 20 mila abitanti. Non è stato facile, per
i religiosi, l’impatto con il clima: un frate morì di febbre gialla un anno dopo
l’arrivo, all’età di 27 anni. Due, non molto tempo dopo, furono inghiottiti dalle
acque limacciose del fiume e gli altri dovevano ricoverarsi periodicamente nell’ospedale
di Manaus, per curare le varie malattie tropicali. Nell’arco di un secolo si sono
succeduti nella missione, che oggi conta 142 mila abitanti, sparsi su una superficie
di 133 mila kmq, 99 religiosi, i quali hanno unito all’evangelizzazione e alla promozione
sociale, la formazione delle vocazioni locali. Nello specifico, le attività di promozione
sociale hanno riguardato l’apertura di scuole, di collegi, di un ospedale e di diversi
centri polivalenti. Le vocazioni locali costituiscono oggi la Vice Provincia dell’Alto
Solimões, composta da 40 religiosi, distribuiti in 8 case: due a Manaus, una a Humaità
e le altre lungo il fiume che gli indigeni chiamano Rio Mar. Il lavoro svolto dai
religiosi tra difficoltà e disagi che il tempo ha eliminato solo in parte, rivivrà
in un volume prossimo alla pubblicazione e in un documentario, preparato dalla Nova
T di Torino, legata all’Ordine cappuccino. (A.D.G.)