Benessere negato dai Paesi ricchi ai figli di immigrati
La mancanza di programmi di integrazione specifici e di una corretta conoscenza del
fenomeno sono alla base del difficile raggiungimento del benessere dei figli di immigrati
nei Paesi ricchi. Lo dimostrano gli studi condotti dal centro di ricerca Innocenti
dell’Unicef e presentati oggi a Firenze in collaborazione con l’Istituto degli Innocenti.
Il servizio di Francesca Sabatinelli:
I bambini
di famiglie immigrate nei Paesi ricchi vivono forti condizioni di svantaggio e disagio
rispetto ai minori figli di nazionali. I risultati della ricerca dell’Unicef, pur
non essendo ancora completi, mostrano alcune tendenze generali delle quali non si
può non tenere conto, partendo ad esempio dal fatto che il numero di bambini nelle
famiglie immigrate sta aumentando rapidamente in tutti i Paesi sviluppati, la loro
importanza percentuale nella popolazione dei bambini e degli adolescenti in questi
Paesi è sempre più grande. A testimoniare la difficoltà di questi ragazzi sono vari
indicatori inclusi quelli di salute, di istruzione, di povertà e di inclusione nel
mercato del lavoro. Donald Hernandez docente dell’università
statunitense di Albany è il coordinatore dello studio:
“La
maggior parte dei bambini, delle famiglie immigrate sono nati in realtà nei Paesi
di immigrazione. Rappresentano un punto di forza e, allo stesso tempo, riportano i
valori della famiglia nelle loro terre di adozione. Incontrano poi numerose difficoltà
sociali e svantaggi economici nel momento in cui cercano di emergere nelle aree in
cui vivono”.
In Italia la situazione non è migliore,
e mostra caratteristiche distinte: prima di tutto l’aumento di questi minori è stato
molto più forte che negli altri Paesi, arrivando in dieci anni a quadruplicarsi. Anche
in Italia grande è il problema dell’accesso all’istruzione, nella fascia che va dai
15 ai 21 anni solo il 25% prosegue gli studi oltre la scuola dell’obbligo. La ricerca
ci mostra inoltre come siano necessari studi più approfonditi rispetto a quelli finora
effettuati, anche a causa della frammentazione delle comunità straniere. Letizia
Mencarini, professore associato di demografia all’università di Torino,
ha collaborato alla ricerca presentata oggi:
“In
Italia abbiamo veramente un arcobaleno di provenienze e questa è la forza – ma al
tempo stesso anche la debolezza – dell’immigrazione italiana. Da una parte previene
il fenomeno di ghettizzazione ma dall’altra vuole anche dire che se si vuole far fronte
alla socializzazione di questi bambini bisogna pensare, per esempio, che le prime
dieci nazionalità di provenienza fanno capo a dieci lingue diverse. E’ ovvio che questo,
nell’integrazione scolastica, porta maggiori problemi perché hanno dei percorsi scolastici
diversi, i quali portano spesso a delle professioni più basse - anche se ancora non
si vede molto nel nostro sistema scolastico perché si stanno affacciando proprio adesso
– e quindi è questa la sfida principale: sostenere queste famiglie nelle loro condizioni
economiche ma sostenere anche poi l’integrazione e lo sviluppo dell’istruzione di
questi giovani che probabilmente continueranno a vivere nel nostro Paese”.