Ogni mese in Messico spariscono più di 1.600 persone dirette irregolarmente negli
Stati Uniti. Arrivano da ogni paese dell’America centrale, più della metà dall’Honduras.
Le cifre sui rapimenti dei migranti sono l’esito di un’inchiesta della Commissione
nazionale dei Diritti umani messicana durata da settembre 2008 al febbraio di quest’anno,
diffusa dall’Osservatorio pastorale della Conferenza episcopale dell’America Latina
e ora all’esame dell’Istituto nazionale della Migrazione. Nei sei mesi esaminati dal
rapporto i sequestri hanno raggiunto quasi quota diecimila e la cifra potrebbe verosimilmente
rispecchiare la media annuale, ventimila sparizioni. Di solito i migranti sono catturati
a bordo dei treni che li portano oltreconfine, oppure mentre si nascondono nelle stazioni
in attesa di partire, sempre in gruppo, per lo più nel sud del paese. Dopo averli
maltrattati, i rapitori chiedono ai prigionieri un riscatto dai 1.500 ai 5.000 dollari
a persona. Cifre alla mano, il traffico potrebbe aver fatto guadagnare ai malviventi
almeno 25 milioni di dollari in soli sei mesi. I rapitori sono ben organizzati, ma
soprattutto ben protetti dai membri corrotti delle autorità statali. Agiscono in bande
armate con la complicità delle forze dell’ordine: quasi tutte le vittime hanno raccontato
di essere state fermate, con la promessa di cibo o di un passaggio per gli Stati Uniti,
da uomini in uniforme, a volte in pattuglia. Molti hanno raccontato che gli agenti
della polizia si facevano vivi anche durante i giorni di prigionia, portavano denaro
o alcol ai sequestratori, altre volte aiutavano persino a sorvegliare i luoghi di
detenzione. A causa della collusione con le autorità, i rapimenti restano normalmente
impuniti. Sempre che le vittime scelgano di sporgere denuncia: per paura di ritorsioni
violente, la maggior parte dei sequestrati sceglie di tornare al proprio paese di
origine senza rivolgersi alle autorità. Il commissario dell’Inm, Cecilia Romero, ha
riconosciuto le responsabilità dello Stato nei confronti di un fenomeno in crescita
continua: “per molto tempo – ha detto – le istituzioni non lo hanno affrontato con
sufficiente serietà”. Sulla frontiera messicana è stato rapito anche un soldato statunitense,
James Gonzales, 24 anni. Di lui non si hanno notizie dall'11 luglio, quando aveva
detto alla famiglia di essere diretto a Laredo, una città texana di confine. Il suo
telefonino è spento, la sua Bmw è sparita nel nulla. Il 13 non si è presentato in
servizio, ma al comando militare è arrivata la richiesta di un riscatto di 100mila
dollari e del ritiro delle truppe schierate lungo il confine. (V.F.)