2009-07-22 15:17:02

Stati Uniti preoccupati per le minacce nucleari in Asia


Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti ad aiutare i loro alleati nel Golfo e a costruire un sistema difensivo se l’Iran non abbandonerà il proprio programma nucleare. Gli Stati Uniti - ha aggiunto Hillary Clinton - “mantengono ancora la porta aperta” al governo di Teheran ma sono pronti a prendere “azioni severe”. Hillary Clinton, arrivata in Thailandia per partecipare al vertice dell’Asean, ha anche espresso “preoccupazione” per il trasferimento di tecnologia nucleare dalla Corea del Nord al Myanmar. Riferendosi alla Corea del Nord, ha inoltre dichiarato che “l'unica strada possibile è quella di una completa e irreversibile denuclearizzazione”. Il segretario di Stato americano ha anche affermato che “la liberazione del Premio Nobel, Aung San Suu Kyi”, detenuta in Myanmar, aprirebbe la strada ad “investimenti” statunitensi nel Paese asiatico.

In Thailandia il summit dell’Asean
In Thailandia, prosegue il vertice dell’Asean sulla sicurezza regionale nel sud est asiatico. Tra i temi al centro del summit ci sono la situazione Myanmar, le minacce del terrorismo e la questione nucleare nordcoreana. Durante i lavori, gli Stati Uniti firmeranno un trattato nel quale esprimono il loro rinnovato impegno nella regione.

Vice presidente Usa in Ucraina e Georgia
Gli Stati Uniti non riconoscono sfere d’influenza e sono pronti ad appoggiare l’integrazione dell’Ucraina alla zona euroatlantica. E’ quanto ha detto Joe Biden, vicepresidente degli Stati Uniti, incontrando le autorità ucraine a Kiev. Il tour di Joe Biden prosegue oggi in Georgia, ex Repubblica sovietica che aspira a far parte dell’Alleanza Atlantica.

In Iraq attacco contro pellegrini iraniani
In Iraq, almeno cinque pellegrini iraniani sono stati uccisi e altri 37 sono rimasti feriti in seguito ad un attacco compiuto nella turbolenta provincia nordorientale di Diyala. Fonti locali hanno reso noto che persone armate non identificate hanno aperto il fuoco verso alcuni gruppi di pellegrini iraniani. I fedeli erano diretti verso i santuari sciiti di Najaf e Karbala, a sud ovest di Baghdad.

A Washington incontro tra Obama e Al Maliki
Il primo ministro iracheno, Nouri Al Maliki, incontra oggi a Washington il presidente americano, Barack Obama. Il colloquio mira a confermare la ritrovata sovranità dell’Iraq e ad incoraggiare gli investitori stranieri a tornare nel Paese. Al Maliki incontrerà anche il segretario del Tesoro statunitense, Timothy Geithner, e parteciperà ad una conferenza sugli investimenti.

Pressione internazionale su Israele per bloccare gli insediamenti
Aumentano le pressioni internazionali su Israele per fermare la presenza ebraica a Gerusalemme est, la zona della città a maggioranza palestinese. La presa di posizione è giunta ieri, praticamente all’unanimità, da Unione Europea, Russia, Stati Uniti e Francia, che ha convocato per chiarimenti l’ambasciatore israeliano a Parigi. Washington ha anche avanzato l’ipotesi, ma solo in futuro, di sanzioni economiche per convincere Israele a congelare gli insediamenti. Su questa presa di posizione, Giancarlo La Vella ha raccolto l’analisi di Marcella Emiliani, esperta di Medio Oriente e docente all’Università di Bologna:RealAudioMP3

R. - Non è la prima volta che gli Stati Uniti minacciano sanzioni economiche ad Israele. Un’eventualità del genere si era già prefigurata nel 1991, dopo l’operazione “Desert Storm” per liberare il Kuwait, quando Bush senior volle promuovere la conferenza di Madrid. L’allora primo ministro, Isaac Shamir, rifiutava la presenza palestinese a questa conferenza. Bush padre minacciò di non erogare una quota consistente di aiuti ad Israele se si fosse rifiutata di sedere alla conferenza di Madrid. Non è quindi una novità. Questo è chiaramente un segnale enorme per Netanyahu, il quale non è sulla stessa lunghezza d’onda di Obama. Gli Stati Uniti quindi possono, oggi, ricorrere di nuovo ad un’arma che è l’unica che hanno in mano per fare pressione su Israele.

 
D. - L’atteggiamento degli Stati Uniti può provocare anche un cambiamento dell’azione diplomatica di tutta la comunità internazionale?

 
R. - Degli effetti "a cascata" li può certamente provocare. Gli Stati Uniti, d’altronde, hanno un enorme problema: quello di riqualificarsi come degli interlocutori e dei mediatori credibili nell’area. Obama deve riconquistare questa credibilità. Il punto dolente, per quel che riguarda Israele, sono proprio gli insediamenti. E' proprio su questi che Obama preme.

 
D. - Quale tra le crisi internazionali è più importante, in questo momento, per Obama?

 
R. - Lo ha detto chiaramente. La priorità, per lui, è il binomio Afghanistan-Pakistan. Non dimentichiamoci che sia in Afghanistan sia in Pakistan sono in corso delle guerre. Proprio in Pakistan, c’è il rischio che lo Stato arrivi totalmente a fallire e questo sarebbe un disastro. Certamente nessuno - e tantomeno un presidente americano - può dimenticare che gran parte della matrice dei conflitti in molte parti del mondo è il conflitto israelo-palestinese.

 
Oltre 5 mila i soldati americani morti in Iraq e Afghanistan
Il Ministero della difesa americano ha reso noto che sono più di cinquemila i soldati statunitensi morti in Iraq e in Afghanistan dall’inizio delle operazioni militari nei due Paesi. Il Pentagono ha anche precisato che, nelle prime tre settimane di luglio, sono morti 32 militari americani e 58 soldati della Nato. Il tragico bilancio è dovuto alla vasta offensiva lanciata dall’Alleanza atlantica contro le roccaforti dei talebani, nel sud del Paese. Francesca Sabatinelli ha sentito l'opinione di Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari internazionali:RealAudioMP3

R. - Da una parte, evidentemente, c’è un rafforzarsi dell’offensiva dei talebani sia di tipo militare ma anche, soprattutto, di attentati. Dall’altra parte, c’è stata e c’è ancora, malgrado il rinforzo delle truppe, una relativa scarsità di uomini sul terreno. Questo fa sì che siano vulnerabili anche rispetto a questo tipo di attacchi.

 
D. - Tra meno di un mese, in Afghanistan si andrà al voto. Secondo lei, ci sono le condizioni perché le elezioni possano avvenire in modo sicuro e soprattutto possano dare un risultato politico al Paese?

R. - Sembrerebbe di sì, in buona parte del Paese. Il problema vero sono le regioni meridionali, in particolare quelle a maggioranza pashtun. Queste sono le più complesse, quelle in cui la guerriglia è più forte e in cui il controllo del territorio da parte del governo e da parte della coalizione internazionale è più basso. L’offensiva in corso nell’Helmand, da parte delle truppe americane e britanniche, è volta proprio a cercare di rovesciare questa situazione prima del voto. Ma non è detto che ci riesca. Se non ci riuscisse, evidentemente, il voto avrebbe un valore importante, ma rimarrebbe comunque contestabile perché sarebbe mancata la partecipazione di una parte dell’elettorato pashtun.

D. - Perché il presidente Karzai, in questo momento, sta cercando in tutti i modi di convincere sull'opportunità di aprire ai talebani?

 
R. - Dico finalmente, in un certo senso, perché questa era una tesi che già circolava da tempo nella comunità internazionale. Il fatto però è che Karzai vuole tenere il controllo. Praticamente, vuole che le trattative con i talebani passino attraverso una conferma del suo ruolo sia di presidente sia, in genere, di "arbitro" dell’Afghanistan. Nella coalizione, invece, ci sono molti che pensano che un eventuale accordo potrebbe anche ridimensionare la figura di Karzai. Oggi, il problema è politico. Non riguarda tanto eventuali colloqui con quei talebani eventualmente disposti a discutere, ma il ruolo che dovrebbe detenere in Karzai.

Ancora proteste in Iran
Non si placano le proteste a Teheran contro il presidente, Mahmoud Ahmadinejad, e contro l’esito delle elezioni dello scorso 12 giugno. Testimoni riferiscono che centinaia di dimostranti sono scesi nuovamente in piazza. Durante la manifestazione, sono intervenuti agenti antisommossa e in borghese. Decine le persone arrestate.

Sgominato un gruppo terroristico in Libano
Fonti dell’esercito libanese hanno reso noto che i Servizi di sicurezza del Paese hanno smantellato una cellula terroristica. Il gruppo preparava attentati contro la forza dell’Onu schierata nel sud del Libano. Secondo l'emittente televisiva Al Jazeera, la cellula pianificava attentati anche fuori dai confini del Libano.

Zelaya svela che Obama ha cercato di impedire il golpe in Honduras
Il presidente statunitense, Barack Obama, ha cercato di impedire il golpe contro il governo dell'Honduras. E’ quanto ha rivelato il presidente deposto, Manuel Zelaya, durante un un’intervista rilasciata ad una emittente argentina. Su un suo ritorno in Honduras, Zelaya ha anche affermato che intende rispettare il termine delle 72 ore fissate dal presidente del Costa Rica, Oscar Arias, che nella crisi ricopre il ruolo di mediatore tra le parti.

Omicidio Politkovskaya, nuovo processo il 5 agosto
E’ stato fissato per il prossimo 5 agosto il nuovo processo ai presunti responsabili dell'omicidio di Anna Politkovskaia. La giornalista, fortemente critica nei confronti dell'allora presidente Vladimir Putin, è stata uccisa il 7 ottobre 2006 a Mosca. La Corte suprema russa aveva annullato il 25 giugno scorso, per gravi vizi procedurali, la sentenza di primo grado. In quell'occasione erano stati assolti i tre imputati ceceni.

Eclissi solare totale nel sud dell’Asia
In diversi Paesi dell’Asia, centinaia di milioni di persone hanno assistito per oltre 6 minuti alla più lunga eclissi solare totale del 21.esimo secolo. La luna ha cominciato lentamente ad interporsi tra il sole e la terra in India. Lo stesso fenomeno si è poi ripetuto anche in Nepal, Birmania, Bangladesh, Bhutan, Cina e Giappone. A Shanghai, le nuvole hanno coperto lo straordinario spettacolo che, secondo gli astronomi, si ripeterà con caratteristiche simili non prima del 2132. (Panoramica internazionale a cura di Amedeo Lomonaco)


Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 203

 
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