Il cardinale Barbarin risponde a Bartolomeo I in vista di un'adesione della Chiesa
cattolica alla Kek
Formare “una Conferenza di tutte le Chiese europee”, compresa quindi quella cattolica.
E’ il punto centrale di discorso di vasta eco che il Patriarca ortodosso ecumenico,
Bartolomeo I, ha pronunciato domenica scorsa a Lione in occasione della 13.ma Assemblea
generale della Kek, la Conferenza delle Chiese europee, organismo nel quale la Chiesa
cattolica è presente solo in veste di osservatore. Senza specificare la forma con
la quale la Chiesa cattolica dovrebbe far parte della Kek, al termine del suo discorso
il Patriarca Bartolomeo I ha chiesto al cardinale arcivescovo di Lione, Philippe
Barbarin, di trasmettere la sua proposta “alle persone competenti” della Santa
Sede. "Non credo sia possibile integrare il Ccee nella Kek", osserva oggi in un'intervista
il cardinale arcivescovo di Bordeaux, Jean-Pierre Ricard, vicepresidente del Consiglio
delle Conferenze episcopali d'Europa. Un pensiero condiviso anche dallo stesso cardinale
Barbarin, che affronta la questione nel suo complesso al microfono di Romilda Ferrauto,
responsabile della redazione francese della nostra emittente:
R. – Ce
n’est pas une nouveauté. Le Patriarche a dit qu’il avait posée la question … In
realtà, non è una novità. Il Patriarca ha ricordato di avere avanzato questa proposta
per la prima volta in una riunione della Kek svoltasi a Creta nel 1979, quindi già
30 anni fa. Dall’altro canto, egli non ha chiesto una migliore collaborazione, egli
ha chiesto una vera e propria integrazione. Di fronte all’assemblea riunita della
Kek, con i suoi 700-800 delegati, ha detto: “Voi siete consapevoli dei cambiamenti
nella struttura che questo porterà inevitabilmente alla nostra Conferenza. Infatti,
se mai la Chiesa cattolica dovesse accettare questa proposta, questo implicherebbe
profondi cambiamenti: siete pronti a questo?”. E' stato veramente toccante. Per quanto
riguarda la collaborazione, egli si è detto soddisfatto. Le occasioni di incontro
e di dialogo nell’ambito della Ccee sono veramente molte, vi sono ogni anno numerosi
incontri di lavoro. Ma, in effetti, un’integrazione è tutt’altra cosa, secondo me
difficile da accordare con il rapporto fra la Chiesa cattolica ed il Consiglio ecumenico
delle Chiese, del quale la Chiesa cattolica non fa parte. Ci sono parecchi ambiti
di collaborazione, ma essa non è membro effettivo. Per quanto mi riguarda, la questione
è stata molto semplice: mi sono trovato ad essere, praticamente, l’unico rappresentante
ufficiale della Chiesa cattolica, come vescovo locale. All’improvviso, il Patriarca
ha interrotto il suo discorso e ha detto: “Visto che il cardinale Barbarin è tra di
noi, gli affido l’incarico di trasmettere questa domanda alle persone competenti”.
Ho scritto una lettera al Santo Padre, riferendogli dell’incarico che avevo ricevuto
da parte del Patriarca e dell’assemblea tutta. Certamente, ho avvisato anche il cardinale
Kasper: ho fatto quel che mi era stato chiesto di fare.
D.
- Lei lo ha appena sottolineato: non è stata la prima volta che la Chiesa cattolica
ha ricevuto l’invito ad unirsi alla Kek, eppure questo non è mai avvenuto. Perché?
R.
- L’Eglise catholique n’est pas membre du Conseil œcuménique des Eglises. … La
Chiesa cattolica non è membro del Consiglio ecumenico delle Chiese. Una volta, andai
a Ginevra con un gruppo di questo organismo e ci dissero: “E’ certo che essa da sola
(la Chiesa cattolica, n.d.t.) rappresenta più fedeli che tutti noi assieme”. Immagino
si tratti di una questione sulla quale hanno riflettuto centinaia di volte il cardinale
Kasper ed i suoi predecessori. E trovo anche normale che alla Kek non ci si sia soffermati
sul funzionamento interno e che abbiano pensato che quella cattolica è una Chiesa
sorella, definendo quindi l'intensificazione dei legami con essa come fondamentale.
D’altro canto, il Patriarca Bartolomeo I non ha menzionato esplicitamente quali cambiamenti
questa adesione potrebbe portare all’interno della Kek. Ho parlato anche con il pastore
Jean-Arnold De Clermont, presidente della Kek, che mi ha detto: “Ovviamente, non si
potrà discutere di questioni dottrinali perché non è questa la sede adatta, ma penso
ci possano essere prese di posizione comuni in quanto discepoli di Cristo che trovano
la loro origine comune nel Vangelo, circa le grandi questioni che preoccupano oggi
le nostre società”. Tutto questo sicuramente è legittimo oltre che molto bello. Sarà
possibile trovare il modo? Sarà necessario pregare molto, per questo.