Messaggio della Kek al termine della 13.ma plenaria: "In quanto cristiani osiamo sperare"
“In quanto cristiani, osiamo sperare”. E’ il messaggio che i delegati e le delegate
di diverse chiese d’Europa, ortodossi, protestanti, anglicani e vetero-cattolici,
riuniti dal 15 ad oggi a Lione per la XIII Assemblea generale della Conferenza delle
chiese europee (KEK), rivolgono all’Europa. “La speranza – si legge nel testo finale
che è stato votato ieri sera e ripreso dall'agenzia Sir - ci dà la gioia, la pace,
il coraggio, l’audacia e la libertà. Ci libera dalla paura, apre i nostri cuori e
rafforza la nostra testimonianza del Signore risorto. Noi cristiani siamo chiamati
ad un’unica speranza in Cristo, fonte di amore, di perdono e di riconciliazione”.
Nel messaggio, le Chiese manifestano una serie di preoccupazioni. “Mentre ci impegniamo
con passione per un’Europa unita e riconciliata, che aspettiamo impazienti – scrivono
-, deploriamo il fatto che si stiano alzando nuovi muri di separazione tra nazioni,
culture e religioni. Vediamo apparire nuove divisioni – tra cittadini permanenti e
migranti, tra ricchi e poveri, tra attivi e disoccupati, tra chi vede i propri diritti
rispettati e chi li vede lesi”. Il messaggio fa anche riferimento al cambiamento climatico
e alla “grave crisi finanziaria” ed aggiunge: “Malgrado tutto, siamo fermamente convinti
che in quanto cristiani abbiamo una speranza speciale da condividere proprio in situazioni
che sembrano invece disperate”. “Affermiamo – prosegue il messaggio - che vi è una
speranza, mentre perseveriamo nella nostra lotta in favore della verità e della giustizia.
Vi è speranza quando resistiamo ad ogni forma di violenza e di razzismo, quando difendiamo
la dignità di ogni persona. Vi è speranza quando insistiamo sull’imperativo di una
solidarietà disinteressata tra individui e tra popoli, quando lottiamo per il rispetto
sincero della creazione”. “La sfida lanciata dall’Assemblea generale a tutte le chiese
membro – scrivono i delegati dell’Assemblea Kek - è l’audace messaggio della speranza.
Una speranza che non si esprime attraverso dichiarazioni vuote, ma attraverso atti
concreti e fede viva. Affermiamo che le chiese devono lavorare a favore della giustizia
e dire la verità ai potenti. Questo significa abbattere i muri tra persone, culture
e religioni, per imparare a distinguere l’immagine di Dio nel volto dell’altro. Questo
significa rispettare, e non solamente tollerare, gli altri esseri umani. Sopra ogni
cosa però, questo significa trovare nuovi modi per esprimere la nostra solidarietà
con i poveri, a noi lontani e vicini”. (R.P.)