2009-07-19 11:23:02

Il caso del farmacista che a Roma ha negato la pillola del giorno dopo a una donna munita di ricetta. L'opinione di Carlo Casini


Ha fatto discutere il farmacista-obiettore di coscienza che nei giorni scorsi, a Roma, ha negato la pillola del giorno dopo ad una donna munita di ricetta medica. Critiche si sono levate dalle associazioni radicali, secondo le quali la pillola non sarebbe un farmaco abortivo. Il senatore del Pd, Marino, ha parlato invece di interruzione del servizio pubblico a danno dei cittadini e ha chiesto l’intervento del Ministero della salute. Difendono invece la decisione del farmacista l’Associazione Scienza e vita e il Movimento per la Vita, sottolineando che la pillola non è un farmaco salvavita, né curativo. Paolo Ondarza ha intervistato Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita:RealAudioMP3

R. - Sono assolutamente convinto di questo diritto del farmacista di fare l’obiezione di coscienza e quindi rifiutarsi di dare la pillola. Ma il problema di fondo è stabilire se questa pillola ha soltanto una funzione sempre ed esclusivamente contraccettiva, oppure se può impedire l’annidamento dell’embrione nell’utero, cioè farlo morire, perché non trova casa, non trova calore, non trova cibo. Ora, su questo punto è sicuro che ci sono scienziati che dicono una cosa e scienziati, in pari numero, che dicono l’opposto. Dunque, quantomeno un dubbio c’è. Allora: se uno butta una bomba a mano in una stanza dove non sa se c’è o non c’è una persona, non è che resta immune dalla responsabilità.

 
D. - C’è chi ha ricordato la posizione dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità, che ritiene che la contraccezione d’emergenza non si possa ritenere - dal punto di vista scientifico - un aborto…

 
R. - Dietro c’è un presupposto ideologico falso, dal punto di vista scientifico, secondo cui la vita umana non comincerebbe dal momento della fecondazione, ma comincerebbe dal momento dell’annidamento, cioè circa - qualcuno dice - 14 giorni dopo. Secondo queste teorie, l’uomo comincerebbe nel momento in cui trova casa. Se non ha trovato la casa, e quindi muore di freddo e di fame, allora non è un essere umano. Se noi applicassimo questo concetto a tutti gli esseri umani, anche a quelli già nati, ci si rende conto di quale discriminazione selvaggia introdurremmo: cioè, tutti coloro che non hanno casa - come ad esempio i nomadi - sarebbero "meno" persone e dunque meno meritevoli di vivere.

 
D. - E c’è anche chi ha gridato al pericolo che ci si possa trovare di fronte al farmcista che, per motivi personali, decidesse di non vendere un farmaco salvavita: ma il paragone non è appropriato…

 
R. - Ma certo che non è appropriato. Un conto è salvare la vita, un conto è sopprimere la vita: mi sembra assolutamente diverso. Se si ritiene che di mezzo alle questioni dell’aborto ci sia soltanto la donna - la donna e basta, con la sua libera scelta - e che l’aborto sia come levarsi un dente, capisco che noi abbiamo torto. Ma se c’è di mezzo una vita, cambia assolutamente tutto. Come i neri sono uguali ai bianchi, le donne sono uguali agli uomini, come gli stranieri sono uguali ai cittadini, così gli esseri umani sono sempre uguali. Il bambino non ancora nato, anche se piccolo, anche se invisibile, è un essere umano. Chi è chiamato come terzo, come il farmacista, a collaborare alla soppressione di questo bambino, che sia libero almeno - almeno! - di non farlo.







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