Il caso del farmacista che a Roma ha negato la pillola del giorno dopo a una donna
munita di ricetta. L'opinione di Carlo Casini
Ha fatto discutere il farmacista-obiettore di coscienza che nei giorni scorsi, a Roma,
ha negato la pillola del giorno dopo ad una donna munita di ricetta medica. Critiche
si sono levate dalle associazioni radicali, secondo le quali la pillola non sarebbe
un farmaco abortivo. Il senatore del Pd, Marino, ha parlato invece di interruzione
del servizio pubblico a danno dei cittadini e ha chiesto l’intervento del Ministero
della salute. Difendono invece la decisione del farmacista l’Associazione Scienza
e vita e il Movimento per la Vita, sottolineando che la pillola non è un farmaco salvavita,
né curativo. Paolo Ondarza ha intervistato Carlo Casini, presidente
del Movimento per la Vita:
R. - Sono
assolutamente convinto di questo diritto del farmacista di fare l’obiezione di coscienza
e quindi rifiutarsi di dare la pillola. Ma il problema di fondo è stabilire se questa
pillola ha soltanto una funzione sempre ed esclusivamente contraccettiva, oppure se
può impedire l’annidamento dell’embrione nell’utero, cioè farlo morire, perché non
trova casa, non trova calore, non trova cibo. Ora, su questo punto è sicuro che ci
sono scienziati che dicono una cosa e scienziati, in pari numero, che dicono l’opposto.
Dunque, quantomeno un dubbio c’è. Allora: se uno butta una bomba a mano in una stanza
dove non sa se c’è o non c’è una persona, non è che resta immune dalla responsabilità.
D.
- C’è chi ha ricordato la posizione dell’Oms, l’Organizzazione mondiale della sanità,
che ritiene che la contraccezione d’emergenza non si possa ritenere - dal punto di
vista scientifico - un aborto…
R. - Dietro c’è un
presupposto ideologico falso, dal punto di vista scientifico, secondo cui la vita
umana non comincerebbe dal momento della fecondazione, ma comincerebbe dal momento
dell’annidamento, cioè circa - qualcuno dice - 14 giorni dopo. Secondo queste teorie,
l’uomo comincerebbe nel momento in cui trova casa. Se non ha trovato la casa, e quindi
muore di freddo e di fame, allora non è un essere umano. Se noi applicassimo questo
concetto a tutti gli esseri umani, anche a quelli già nati, ci si rende conto di quale
discriminazione selvaggia introdurremmo: cioè, tutti coloro che non hanno casa - come
ad esempio i nomadi - sarebbero "meno" persone e dunque meno meritevoli di vivere.
D.
- E c’è anche chi ha gridato al pericolo che ci si possa trovare di fronte al farmcista
che, per motivi personali, decidesse di non vendere un farmaco salvavita: ma il paragone
non è appropriato…
R. - Ma certo che non è appropriato.
Un conto è salvare la vita, un conto è sopprimere la vita: mi sembra assolutamente
diverso. Se si ritiene che di mezzo alle questioni dell’aborto ci sia soltanto la
donna - la donna e basta, con la sua libera scelta - e che l’aborto sia come levarsi
un dente, capisco che noi abbiamo torto. Ma se c’è di mezzo una vita, cambia assolutamente
tutto. Come i neri sono uguali ai bianchi, le donne sono uguali agli uomini, come
gli stranieri sono uguali ai cittadini, così gli esseri umani sono sempre uguali.
Il bambino non ancora nato, anche se piccolo, anche se invisibile, è un essere umano.
Chi è chiamato come terzo, come il farmacista, a collaborare alla soppressione di
questo bambino, che sia libero almeno - almeno! - di non farlo.