I vescovi della Bolivia: la preghiera è per la liberazione interiore e la libertà
civile
“Di fronte ai continui tentativi di dividere la comunità ecclesiale tra una presunta
Chiesa di base e un’altra, quella della gerarchia” la Conferenza episcopale della
Bolivia ribadisce con forza “l’unità della Chiesa in quanto unico Popolo di Dio formato
da vescovi, sacerdoti, religiose, religiosi e laici”, comunità in cui sono presenti
e vivi i principi della “corresponsabilità e dell’ordinata comunione gerarchica al
servizio della costruzione del Regno di Dio”. I presuli sono intervenuti ieri con
una nota a firma del segretario generale dell’Episcopato, mons. Jesús Juárez Párraga,
vescovo di El Alto, dopo che diverse autorità, tra cui lo stesso presidente boliviano
Evo Morales, nella cornice delle celebrazioni per il bicentenario dell’indipendenza,
hanno criticato gratuitamente i vescovi dell’Honduras e la stessa Chiesa boliviana.
In particolare il presidente Morales ha affermato che quando i popoli cercano di liberarsi
arrivano per impedirglielo le dittature o la violenza del fucile o l’alienazione della
preghiera. “Ogni uomo e ogni donna di fede, al di là della propria confessione religiosa
- scrivono i vescovi - ha il diritto di rivendicare con la propria esperienza il valore
e la dignità della preghiera. La preghiera – aggiungono - ci mette in contatto con
Dio e colloca davanti a Lui le nostre vite così come quelle dei nostri fratelli” permettendoci
di raccontare al Creatore “le nostre speranze per una società più giusta e degna”
e donandoci “la forza necessaria per far diventare realtà ciò che desideriamo”. Certo
si tratta di “una visione di fede” - osserva la nota - che ha la sua radice “nel senso
comune” e “nella storia del nostro popolo” e dunque nulla ha a che fare “con ideologie
ormai superate che vedono nelle religioni una minaccia ai propri progetti di potere”.
I presuli sottolineano inoltre che la preghiera non solo aiuta la liberazione interiore
ma è utile anche alla costruzione di una convivenza civile nella pace e nella fratellanza,
obiettivi per i quali in America Latina molti cristiani hanno versato il proprio sangue
e donato la propria vita. I vescovi boliviani quindi aggiungono: “Abbiamo ricevuto
ogni tipo di critica, sia sotto le dittature sia durante le democrazie”, perché non
si è capito o voluto capire “il mandato d’amore che la Chiesa ha ricevuto da Cristo”:
missione di carità che rende i cristiani segno di contraddizione. I vescovi, ribadendo
la loro comunione con il Papa, sottolineano infine il loro dovere di “assumere responsabilmente”
le vicende della storia, “con le sue luci e le sue ombre”, imparando dagli errori
e incoraggiati dalle testimonianze e dai successi della comunità ecclesiale “per guardare
al futuro con fiducia senza la zavorra dell’amarezza e del risentimento”. (A cura
di Luis Badilla)