2009-07-16 15:07:13

Mons. Sleiman: la violenza in Iraq è più politica che religiosa


Il problema della violenza in Iraq “risponde a cause più politiche che religiose”. E’ la posizione dell’arcivescovo latino di Baghdad, monsignor Jean Benjamin Sleiman, espressa in una conferenza stampa svoltasi nei giorni scorsi a Madrid nella sede della Caritas spagnola. Il presule – riporta l’agenzia Zenit - ha riconosciuto che nell’ultimo anno si è constatato un progresso importante in questo campo, al punto da registrare una diminuzione dell’80% delle vittime della violenza. Tuttavia ha anche espresso il suo timore di fronte alla possibilità che gli attentati degli ultimi giorni contro varie chiese cattoliche “affondino la speranza che questo calo della violenza aveva risvegliato nella gente e molti cristiani optino per abbandonare il Paese”. L’arcivescovo di Baghdad dei latini si è recato in Spagna assieme al direttore di Caritas Iraq, Nabil Nissan, con l’obiettivo di far presentare a vari interlocutori della Chiesa e della Caritas spagnola le possibilità che si aprono dopo il ritiro delle forze statunitensi e quali sono le sfide umanitarie più urgenti alle quali la Caritas irachena sta cercando di rispondere. Nel suo intervento, monsignor Sleiman ha parlato della sfida della “riconciliazione nazionale” che non potrà essere affrontata finché continuerà la divisione sociale e territoriale che dissangua il Paese. Sul versante umanitario Caritas Iraq svolge un'importante opera nel campo dell'alimentazione infantile, dell'assistenza medica e della difesa degli handicappati e degli sfollati interni a causa della violenza. Ed è proprio il settore sanitario quello che in Iraq presenta attualmente più carenze. Secondo alcune stime della Caritas locale, il Paese ha bisogno di almeno 3.000 nuovi centri sanitari per poter offrire una copertura sanitaria minima a tutta la popolazione, che risente anche della mancanza di specializzazione e dell'uscita dal Paese negli ultimi anni del 40% del personale sanitario. Monsignor Sleiman ha esortato ad agire per la pace nella regione e a prendere coscienza del fatto che le conseguenze della violenza in Iraq interessano il Medio Oriente ma anche tutta l'Europa. Quindi il riferimento al grave problema della persecuzione religiosa alla quale si vedono sottoposte le minoranze cristiane e che negli ultimi anni ha provocato l’esilio dal Paese di almeno la metà dei cristiani iracheni. Per monsignor Sleiman, la situazione dei cristiani in Iraq – una minoranza composta da circa mezzo milione di credenti appartenenti a una delle 14 Chiese cristiane presenti nel Paese – è più precaria nei luoghi in cui il fondamentalismo ha più potere. Il sospetto è che gli attacchi contro le chiese, che si sono verificati in questi giorni sia a Baghdad che a Mossul, intendano favorire la fuga dei cristiani dal Paese. Younadem Kana, unico deputato cristiano dell’Assirian democratic mouvement presente nel parlamento iracheno, ha parlato all’agenzia Sir di “attacchi sistematici e organizzati da gruppi di militanti”. Il politico ha lanciato un appello al Governo per una maggiore protezione ai luoghi di culto iracheni. Anche il mondo delle Ong si è mobilitato in questo senso. Kamal Sido, consulente per il Medio Oriente dell’ong tedesca “Society for Threatened People” (Gfbv), ha chiesto a tutte le organizzazioni umanitarie di mettere in campo “progetti per sfollati e rifugiati iracheni cristiani, anche per quelli che si sono rifugiati in Giordania e Siria”. (E. B.)







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