2009-07-13 15:21:38

L'intervento di mons. Fisichella al festival della Milanesiana


"Tommaso, beati coloro che crederanno senza aver visto...". (Giovanni, 20, 29). Inizia così l’intervento dell’arcivescovo Rino Fisichella, riportato dall’Osservatore Romano, al festival di letteratura musica e scienza "La Milanesiana”, quest'anno dedicato al tema dell'"Invisibile". Mons. Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita e rettore della Pontificia Università Lateranense, ha evidenziato “il paradosso della fede: vedere, toccare, sentire”. La fede ha bisogno dei sensi, sono per lei come un fatto determinante senza il quale mancherebbe qualcosa di fondamentale, di unico come la possibilità di abbandonare tutto se stessi al mistero che ci viene incontro. Nel credere senza vedere si è rimandati a qualcosa di straordinariamente grande eppure semplice. “Invisibile - continua l’arcivescovo Fisichella - non per questo è impercettibile; ciò che non si vede lo si può toccare, sentire e nella misura in cui questo avviene si aprono altri occhi ugualmente degni di essere analizzati, quelli della fede. “Habet namque fides oculos suos diceva giustamente Agostino – ha continuato - gli occhi della fede che fissano il mistero dell'amore sanno percepire l'amore come  reale  e vero, lo vedono all'azione come fecondo e  ne  consentono di esprimere in pienezza la realtà”. L’aricvescovo riporta anche l’esempio di un noto autore francese, Antoine de Saint-Exupéry che sedici secoli dopo Agostino esprimerà lo stesso concetto nel libro Le pétit Princ: “On ne voit bien qu'avec le coeur. L'essentiel est invisible pour les yeux. "Si vede bene solo con il cuore..." ma anche il cuore, comunque, per riprendere il pensiero di Pascal ha des raisons que la raison ne connait pas”. Si devono trovare pertanto ragioni, sottolinea mons. Fisichella, che differiscono da quelle che la mente produce per scoprire di quale natura si tratta e quale logica perseguono. Il cristianesimo si caratterizza all'interno della storia delle religioni come il superamento di un confine che nessuno prima aveva osato oltrepassare. In (Giovanni, 1, 18); "Dio mai nessuno lo ha visto, il Figlio lo ha rivelato", Giovanni aveva vissuto in prima persona il Figlio del Padre che rendeva visibile il vero volto dell'invisibile Dio. Nel cristianesimo si spezza l'invisibilità: ora Dio ha un volto e con esso esprime la sua natura e afferma la sua identità. Gli occhi della fede sono chiamati a cogliere i suoi tratti, le ragioni del cuore sono provocate a trovare la logica del suo amore che si fa misericordia, che arriva quindi fino al perdono per l'offesa e il tradimento ricevuto. Eppure, aver oltrepassato il confine non ha scalfito il mistero, secondo l’arcivescovo. Ciò che gli occhi vedono dell'Invisibile è un rimandare sempre oltre perché una volta immersi nel mistero dell'amore diventa arduo esprimerlo in parole. L'Invisibile che viene visto fa sfociare nel silenzio della contemplazione. “Qui le parole non servono - conclude il presule - non solo perché ne manca la forza, ma soprattutto perché si scopre il valore del silenzio come la più espressiva forma del linguaggio personale. Da questo silenzio scaturisce l'arte, la poesia, la musica e tutto ciò che serve per dare voce a quanto si è colto per essere stati immersi nella profondità del mistero di un Dio che si fa uomo, muore e risorge per svelare la grandezza dell'amore con cui chiama alla condivisione”. (M.P.)







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