La liberazione di Vagni nelle Filippine: attesa per il suo rientro in Italia
Eugenio Vagni potrebbe tornare a casa nel fine settimana. E’ quanto dicono da Montevarchi,
in provincia di Arezzo, i parenti dell’operatore della Croce Rossa Internazionale,
liberato sabato sera dopo 178 giorni dai ribelli islamici di Abu Sayyaf nelle Filippine.
In un’intervista Vagni ha detto di essere scampato al colera e di essere stato trattato
bene, sebbene minacciato di decapitazione. La Farnesina ha fatto sapere che per la
liberazione non è stato pagato alcun riscatto, né c’è stato un blitz. Il governo delle
Filippine inoltre ha spiegato che la trattativa è stata aperta dopo che Manila si
è detta pronta a rilasciare le due mogli del leader dei sequestratori, arrestate per
concorso nel sequestro. Soddisfazione e sollievo sono stati espressi dalla Croce Rossa
Internazionale. Ascoltiamo al microfono di Paolo Ondarza il vicepresidente
Massimo Barra.
R. - Innanzitutto,
la grande soddisfazione per questa liberazione e poi bisogna pensare a quanta gente,
quotidianamente, rischia la vita, senza che l’opinione pubblica lo sappia. Sono centinaia
e centinaia gli operatori umanitari che lavorano in silenzio. Pensi che lui stava
andando a favorire l’accesso dell’acqua in una prigione.
D.
– Come mai hanno colpito proprio un operatore della Croce Rossa Internazionale?
R.
– E’ capitato. E’ capitata l’occasione e non guardano in faccia a nessuno. Oggi, queste
bande di guerriglieri non obbediscono a nessuna regola e a nessuna logica, se non
quella del loro clan.
D. – Sono stati sei mesi molto
lunghi, molto sofferti. Avete temuto per l’incolumità di Eugenio Vagni?
R.
– Sicuramente, in questi contesti bisogna pensare anche alla stanchezza fisica. Per
una persona di 62 anni come Vagni, già stare sei mesi lontani da casa è uno stress,
e immaginate di stare nella giungla... Poi c’erano questi tentativi di liberazione
da parte del governo, che hanno impaurito lo stesso Vagni, perché ad un certo momento
c’è stato un attacco a fuoco, per cui lui stesso si era raccomandato estrema prudenza,
cosa che è stata ripetuta anche dal nostro governo e anche dalle autorità della Croce
Rossa. Devo dire che i rapporti tra i sequestratori e i sequestrati erano buoni: li
hanno trattati con molto rispetto.
D. – Poi è stato
fondamentale l’arresto delle due mogli del leader dei sequestratori. E oltre a questo,
che cosa ha contribuito alla liberazione di Vagni?
R.
– La mobilitazione anche dell’opinione pubblica. Insomma, tutto serve. Questi rapitori,
ovunque nel mondo, sono molto sensibili ai media, alle pressioni politiche.
D.
– C’è ancora chi parla di un riscatto pagato...
R.
– No, non mi risulta. Questa è anche la politica della Croce Rossa Internazionale
che è molto esposta, in tutte le parti calde del mondo. Quindi, se noi accettiamo
l’ipotesi dei riscatti è una reazione a catena.
D.
– Quanto tornerà Eugenio Vagni a casa?
R. – Io penso
presto.
D. – Le sue condizioni di salute adesso
quali sono?
R. – Accettabili, compatibilmente con
la lunga prigionia e l’ernia.
D. – E il colera?
R.
- Sa, il colera è endemico in certe parti del mondo.
D.
– Chi opera a sostegno delle popolazioni meno sviluppate ha paura dopo questi episodi?
R.
– Chiunque va in missione su un terreno conosce benissimo i rischi a cui si espone,
anche se è un rischio che noi cerchiamo di diminuire al massimo, perché non dobbiamo
immolare la nostra gente.