Più di ventimila persone hanno aderito alla marcia di protesta contro la legalizzazione
dell’aborto, guidata dal cardinale Christian Tumi, arcivescovo di Douala. La marcia
si è tenuta nella città del Camerun meridionale, l’11 luglio, anniversario dell’approvazione
del Protocollo di Maputo. Il “Protocollo della Carta dei diritti dell’uomo e dei popoli
relativo ai diritti della donna” è stato infatti adottato dalla seconda Sessione ordinaria
dell’Unione Africana a Maputo (inMozambico) l’11 luglio 2003. La Chiesa cattolica
- riferisce l'agenzia Fides - ha sempre espresso la sua opposizione al paragrafo c
dell’articolo 14 del Protocollo, che stabilisce di proteggere i diritti riproduttivi
delle donne autorizzando l’aborto medico nei casi di stupro, incesto, e quando la
continuazione della gravidanza mette in pericolo la salute fisica e mentale della
madre o la vita della madre o del feto. Di recente la Conferenza episcopale del Camerun
ha pubblicato una dichiarazione nella quale esprime la sua contrarietà alla legalizzazione
dell’aborto previsto dal Protocollo. La posizione della Chiesa è stata ribadita da
mons. Samuel Kleda, vescovo coadiutore di Douala, che nella omelia della Messa che
ha concluso la marcia, ha affermato: “Noi aderiamo a questo lodevole progetto, di
proteggere la donna. Chi resterebbe insensibile alle sofferenze della donna? Allo
stesso tempo, non si può pretendere di difendere la donna proponendole di provocare
l’aborto e di utilizzare mezzi di contraccezione che minacciano la sua dignità e il
suo nucleo familiare. Nessuna ragione può essere invocata per provocare l’aborto o
l’infanticidio”. In seguito, una delegazione composta da rappresentanti cattolici,
protestanti e musulmani ha consegnato al Governatore una lettera per il Presidente
della Repubblica e una petizione, per la quale sono state finora raccolta circa 30mila
firme. Altre ne seguiranno perché all’appello della Chiesa cattolica hanno aderito
anche fedeli di altre confessioni cristiane e religioni, musulmani compresi. (R.P.)