Un annuncio di speranza: è l’impegno assunto dai 2000 universitari d’Europa ricevuti
ieri dal Papa in occasione del loro Primo Incontro Europeo
Un annuncio di speranza verso chi non crede possibile la nascita di una nuova civiltà
dell’amore. Questo è ciò che rappresentano gli oltre 2000 studenti universitari d’Europa
che sono stati ricevuti ieri dal Papa, dopo essersi riuniti a Roma per il loro primo
Incontro a livello europeo. Tema del meeting: “Nuovi discepoli di Emmaus. Da cristiani
in Università”. Marina Tomarro ha intervistato mons. Marek Jedraszewski,
presidente della sezione Università del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa
che, insieme all’Ufficio per la Pastorale Universitaria del Vicariato di Roma, ha
promosso l’evento.
R. – L’incontro
del Vangelo con la cultura, specialmente con il mondo universitario, è importantissimo
per il futuro della Chiesa, soprattutto in Europa, nella nostra cultura contemporanea
europea, in cui così spesso, purtroppo, si vive come se Dio non esistesse. Ognuno
deve trovare la propria personale risposta: “Come devo essere cristiano, vivere da
cristiano, nel mio ambiente universitario?” Questo è importante. E la gente, quella
giovane, universitaria, proveniente da tanti Paesi d’Europa, si può aiutare reciprocamente.
E questo per me è un vantaggio enorme.
D. – Lei ha
parlato molto di speranza. Quanto è importante appunto trasmettere la speranza in
questi giovani?
R. – Loro devono trovare la speranza
per loro stessi, cioè trovare la speranza che va al di là di questo mondo, trovare
la speranza di cui il fondamento è Gesù Cristo. E quando una persona, soprattutto
giovane, trova questo fondamento e questa speranza per se stesso, allora la sua vita
cambia, cambiano i valori. Questo è il nostro sforzo, affinché questa gente giovane
proveniente da tutta l’Europa possa trovare un nuovo umanesimo, di cui il fondamento
è il “Logos”, Gesù Cristo. Avendo questo fondamento loro possono vivere da cristiani
nei loro ambienti domestici, familiari, ma soprattutto là dove cresce e matura l’umanismo
europeo. Bisogna che loro non lo trovino, ma creino un umanesimo nuovo, cioè quello
che sorge da quella fonte che è Gesù Cristo.
D.
– Cosa spera che in questi ragazzi rimanga di questa ‘quattro giorni’ di incontri?
R.
– Io penso che non sono solo questi quattro giorni, perché una gran parte di loro
ha avuto la possibilità di incontrarsi con la pastorale universitaria in alcuni centri
d’Italia. Io ho sentito tante belle cose su queste esperienze e questi incontri con
i giovani, con i professori. Il processo di una certa maturazione dura più di quattro
giorni e perciò la speranza è per noi più grande e più viva.