2009-07-10 15:03:35

Mons. Tomasi all'Ecosoc di Ginevra: sostenere programmi di salute pubblica nelle nazioni povere è un imperativo etico prima che pratico


Garantire, nell’era della crisi economica globale, l’accesso a un’assistenza sanitaria di base alle popolazioni dei Paesi poveri è un imperativo etico oltre che una lungimirante scelta pratica. E’ una delle considerazioni dell’intervento che l’arcivescovo Silvano Maria Tomasi ha tenuto ieri a Ginevra durante l’incontro del Consiglio economico e sociale (Ecosoc) delle Nazioni Unite. Il rappresentante della Santa Sede all'Onu di Ginevra ha fatto un quadro dell’attuale situazione di emergenza delle nazioni meno sviluppate, sollecitando gli Stati ricchi ad intervenire in modo mirato. Il servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3  
“Mentre gli analisti discutono le cause della crisi, le conseguenze sociali delle nuove povertà, la perdita di posti di lavoro, la malnutrizione e uno sviluppo soffocato si abbattono sui gruppi più vulnerabili della popolazione e pertanto chiedono a risposte efficaci e tempestive”. E’ un esordio senza giri di parole quello di mons. Tomasi all’Ecosoc di Ginevra. Il presule, riecheggiando l’ultima Enciclica di Benedetto XVI, attribuisce la crisi finanziaria ed economica che imperversa sul pianeta all’avidità” e alla “mancanza di responsabilità etica”. In particolare, l’appuntamento gli esperti dell’Onu si sono concentrati sulla questione della salute pubblica, in particolare nelle aree povere del globo. La crisi globale che “continua senza sosta”, e che “si è esacerbata” - afferma mons. Tomasi - per l’imperversare di pandemie, come quella provocata dal virus A-H1N1, come pure per i problemi crescenti della sicurezza alimentare, dimostra - ha osservato il presule - quanto sia stretto “il legame tra povertà e salute”. La Delegazione della Santa Sede, ha proseguito, “prende atto con profonda preoccupazione” delle previsioni della Banca Mondiale, secondo la quale nel corso del 2009 aumenterà da 53 a 65 milioni il numero delle persone “in condizioni di estrema povertà”, mentre supererà il miliardo quello delle persone colpite da fame cronica, 800 milioni delle quali concentrate - ha sottolineato mons. Tomasi - “nelle zone rurali dove la salute pubblica è debole e dove sono urgenti iniziative innovative di assistenza sanitaria”.
 
“Affrontare questo problema - ha insistito - più ancora che una espressione di solidarietà, è una questione di giustizia per superare la tentazione di ridurre i servizi pubblici per un beneficio a breve termine contro un costo umano a lungo termine”. In particolare, va risolto il problema delle donne che “continuano in molte regioni a ricevere un'assistenza sanitaria di bassa qualità”. E qui, il rappresentante vaticano a Ginevra ha ricordato l’impegno vasto e articolato della Chiesa in campo sanitario: essa, ha enumerato, gestisce 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili, e altri programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più isolate ed emarginate, specie “tra le persone che raramente hanno accesso alle cure sanitarie fornite a livello nazionale, a livello provinciale o di distretto governativo”, come sovente accade in Africa. 
Ma, ha lamentato mons. Tomasi, il lavoro, molto spesso riconosciuto di eccellente qualità, svolto dalle strutture sanitarie ecclesiali non riceve - come del resto accade per altre strutture di tipo confessionale - una “quota equa delle risorse designate per sostenere a livello mondiale, nazionale e locale, le iniziative sulla salute”. “In un mondo sempre più interdipendente, dove anche malattie e virus non hanno confini, una maggiore cooperazione globale - ha sostenuto il presule - diventa non solo una necessità pratica, ma - ancora più importante - un imperativo etico di solidarietà". Dobbiamo essere "guidati dalla migliore tradizione di assistenza sanitaria, che - ha concluso - rispetta e promuove il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, indipendentemente da razza, disabilità, nazionalità, religione, sesso e stato socioeconomico”.







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