Mons. Tomasi all'Ecosoc di Ginevra: sostenere programmi di salute pubblica nelle nazioni
povere è un imperativo etico prima che pratico
Garantire, nell’era della crisi economica globale, l’accesso a un’assistenza sanitaria
di base alle popolazioni dei Paesi poveri è un imperativo etico oltre che una lungimirante
scelta pratica. E’ una delle considerazioni dell’intervento che l’arcivescovo Silvano
Maria Tomasi ha tenuto ieri a Ginevra durante l’incontro del Consiglio economico e
sociale (Ecosoc) delle Nazioni Unite. Il rappresentante della Santa Sede all'Onu di
Ginevra ha fatto un quadro dell’attuale situazione di emergenza delle nazioni meno
sviluppate, sollecitando gli Stati ricchi ad intervenire in modo mirato. Il servizio
di Alessandro De Carolis: “Mentre gli
analisti discutono le cause della crisi, le conseguenze sociali delle nuove povertà,
la perdita di posti di lavoro, la malnutrizione e uno sviluppo soffocato si abbattono
sui gruppi più vulnerabili della popolazione e pertanto chiedono a risposte efficaci
e tempestive”. E’ un esordio senza giri di parole quello di mons. Tomasi all’Ecosoc
di Ginevra. Il presule, riecheggiando l’ultima Enciclica di Benedetto XVI, attribuisce
la crisi finanziaria ed economica che imperversa sul pianeta all’avidità” e alla “mancanza
di responsabilità etica”. In particolare, l’appuntamento gli esperti dell’Onu si sono
concentrati sulla questione della salute pubblica, in particolare nelle aree povere
del globo. La crisi globale che “continua senza sosta”, e che “si è esacerbata” -
afferma mons. Tomasi - per l’imperversare di pandemie, come quella provocata dal virus
A-H1N1, come pure per i problemi crescenti della sicurezza alimentare, dimostra -
ha osservato il presule - quanto sia stretto “il legame tra povertà e salute”. La
Delegazione della Santa Sede, ha proseguito, “prende atto con profonda preoccupazione”
delle previsioni della Banca Mondiale, secondo la quale nel corso del 2009 aumenterà
da 53 a 65 milioni il numero delle persone “in condizioni di estrema povertà”, mentre
supererà il miliardo quello delle persone colpite da fame cronica, 800 milioni delle
quali concentrate - ha sottolineato mons. Tomasi - “nelle zone rurali dove la salute
pubblica è debole e dove sono urgenti iniziative innovative di assistenza sanitaria”. “Affrontare
questo problema - ha insistito - più ancora che una espressione di solidarietà, è
una questione di giustizia per superare la tentazione di ridurre i servizi pubblici
per un beneficio a breve termine contro un costo umano a lungo termine”. In particolare,
va risolto il problema delle donne che “continuano in molte regioni a ricevere un'assistenza
sanitaria di bassa qualità”. E qui, il rappresentante vaticano a Ginevra ha ricordato
l’impegno vasto e articolato della Chiesa in campo sanitario: essa, ha enumerato,
gestisce 5.378 ospedali, 18.088 cliniche, 15.448 case per anziani e disabili, e altri
programmi di assistenza sanitaria in tutto il mondo, ma soprattutto nelle aree più
isolate ed emarginate, specie “tra le persone che raramente hanno accesso alle cure
sanitarie fornite a livello nazionale, a livello provinciale o di distretto governativo”,
come sovente accade in Africa. Ma, ha lamentato mons. Tomasi,
il lavoro, molto spesso riconosciuto di eccellente qualità, svolto dalle strutture
sanitarie ecclesiali non riceve - come del resto accade per altre strutture
di tipo confessionale - una “quota equa delle risorse designate per sostenere a livello
mondiale, nazionale e locale, le iniziative sulla salute”. “In un mondo sempre
più interdipendente, dove anche malattie e virus non hanno confini, una maggiore cooperazione
globale - ha sostenuto il presule - diventa non solo una necessità pratica, ma - ancora
più importante - un imperativo etico di solidarietà". Dobbiamo essere "guidati dalla
migliore tradizione di assistenza sanitaria, che - ha concluso - rispetta e promuove
il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale per tutti, indipendentemente
da razza, disabilità, nazionalità, religione, sesso e stato socioeconomico”.