L'Apocalisse di San Giovanni messa in musica al Festival dei due mondi di Spoleto,
con la collaborazione di mons. Gianfranco Ravasi
Al Festival dei due mondi di Spoleto, la giornata di oggi vede la prima esecuzione
assoluta dell’Oratorio "Apokàlipsis" di Marcello Panni. Un'opera che ha visto il prezioso
contributo esegetico di mons. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio
della Cultura. Il servizio di Silvia Mendicino.
Attesissima
al Festival di Spoleto la prima esecuzione assoluta dell’Oratorio "Apokàlipsis" del
Maestro Panni, basato su estratti dal libro dell’Apocalisse di Giovanni. E’ stato
mons. Gianfranco Ravasi a suggerire per il lavoro i versetti
dell’ultimo libro della Bibbia. Presenti nell’opera anche commenti dello stesso mons.
Ravasi, che così si è espresso riguardo al motivo per cui l’Apocalisse di Giovanni
ha sollecitato l’immaginario di scrittori, musicisti e poeti di ogni tempo e cultura: R.
- La ragione è abbastanza semplice anche agli occhi del fruitore più semplice dell’Apocalisse.
Il lettore cioè, anche sprovveduto, che apre magari per la prima volta quelle pagine,
subito ha un’impressione folgorante, che è quella dell’apparato simbolico, che l’autore
usa con un vero e proprio scialo di immagini. E’ come se fosse un’esperienza in una
notte d’estate di un gioco pirotecnico, di fuochi d’artificio. Sono immagini che continuamente
mutano tra di loro, s’intrecciano, hanno percorsi che al lettore immediato sembrano
quasi surreali, non avere una loro grammatica, un loro senso. Mentre, in realtà, lo
studioso sa che l’autore, attraverso questa simbolica - che riceve la definizione
di “apocalittica”, perché appartiene ad un genere letterario ben preciso - costruisce
un vero e proprio messaggio. Direi perciò che l’influsso è stato prima di tutto a
questo livello, ma non solo a questo livello. E questo sarà il compito di ogni approfondimento
nei confronti dell’Apocalisse. D. - Lei, mons. Ravasi, ha avuto
un ruolo fondamentale nella realizzazione dell’Oratorio "Apokàlipsis" di Marcello
Panni... R. - Sì, io ho dato il testo, sostanzialmente, che
però non è un mio testo ma è il testo dell’Apocalisse, sia pure selezionato in una
sorta di antologia. Il libro è costituito da 22 capitoli ed ha una struttura sghemba,
perché da un lato ben 20 capitoli sono tutti dedicati alla tragedia della storia,
all’oscurità, al trionfo della bestia, della prostituta, del male, i grandi simboli
maligni. Gli ultimi due capitoli sono tuttavia quelli decisivi, e sono quelli mirabili,
dolcissimi, affascinanti, della nuova Gerusalemme, cioè della nuova creazione. Un
libro quindi di speranza. D. - Ci saranno anche alcuni suoi
commenti nella performance dell’opera? R. - La performance
dell’opera suppone, naturalmente, la lettura del testo. Ci sarà una presenza di attori
- due attori - ai quali è affidata prima di tutto la parola. La mia presenza è quasi
soltanto a sipario chiuso, e a metà del percorso, la voce di Giovanni, il quale dice
semplicemente: “Badate che ora sta per aprirsi una “Apokàlipsis”, cioè una "rivelazione”.
C’è un segreto da scoprire. “E vidi e udii voci di molti angeli,
attorno al trono e agli esseri viventi e agli anziani. Il loro numero era miriadi
di miriadi e migliaia di migliaia e dicevano: Amen!”