Honduras, fallito il rientro del presidente deposto
In Honduras è fallito questa notte il tentativo di rientrare in patria del presidente
deposto Manuel Zelaya. I militari hanno impedito l'atterraggio del suo aereo all'aeroporto
della capitale Tegucigalpa, dove almeno un manifestante è rimasto ucciso nei violenti
scontri fra sostenitori dell’ex presidente e forze di sicurezza. Zelaya ha quindi
raggiunto El Salvador per incontrare altri capi di Stato sudamericani e studiare il
proprio rientro in Honduras. Un appello alla pacificazione è giunto dalla Conferenza
episcopale honduregna, che ha chiesto a Zelaya di non rientrare in patria per evitare
un ulteriore spargimento di sangue. Il servizio di FrancescaAmbrogetti:
L’Honduras
ha vissuto ieri le ore più drammatiche da quando, domenica scorsa, il presidente Manuel
Zelaya è stato deportato dai militari e destituito dal Parlamento. Esercito e polizia
hanno represso una manifestazione di migliaia di persone che nei pressi dell’aeroporto
attendevano l’aereo che doveva riportarlo in patria. Il bilancio è di almeno un morto
e decine di feriti. Il governo de facto ha impedito l’atterraggio; truppe e mezzi
militari hanno bloccato la pista e dalla torre di controllo il pilota è stato minacciato
d’intercettazione da parte di aerei militari. Zelaya era accompagnato dal presidente
dell’assemblea generale dell’Onu Miguel D’Escoto. Bloccato anche l’aereo che trasportava
tre presidenti per appoggiarlo: l’argentina Cristina Kirchner, l’ecuadoriano Rafael
Correa ed il paraguaiano Fernando Lugo. Sabato l’Osa aveva stretto l’isolamento del
governo votando, all’unanimità, la sospensione del Paese dall’organizzazione; un provvedimento
che era stato preso solo nel 1962 nei confronti di Cuba. Il presidente de facto Roberto
Micheletti ha detto che l’Honduras non avrebbe tollerato interferenze esterne, ma
per la prima volta si è detto pronto ad aprire un dialogo con l’Osa.