2009-07-05 13:07:42

Nell'Eucaristia si concentra tutta l'opera della Redenzione: così il Papa ieri durante i Vespri in occasione della riapertura della Cappella Paolina


Sotto lo sguardo degli Apostoli Pietro e Paolo, monito perpetuo alla sequela di Cristo, Benedetto XVI ha presieduto ieri i primi Vespri in occasione della riapertura della Cappella Paolina del Palazzo apostolico, luogo di culto riservato al Papa e alla Famiglia pontificia. Il servizio di Claudia Di Lorenzi:RealAudioMP3

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Sul volto dell’apostolo Paolo “il prodigio della grazia di Cristo, che trasforma e rinnova l’uomo mediante la luce della sua verità e del suo amore”. Così Benedetto XVI traduce il cuore del messaggio spirituale custodito fra le pareti della Cappella Paolina, dove gli episodi salienti della vita dei santi Paolo e Pietro, raffigurati rispettivamente nel momento della conversione e della crocifissione, incarnano “la novità della chiamata alla fede, che trova il suo compimento nel mistero della Croce”.

 
“Il volto di Saulo (…) rappresenta l’essere umano bisognoso di una luce superiore. E’ la luce della grazia divina, indispensabile per acquistare una vista nuova con cui percepire la realtà orientata alla 'speranza che vi attende nei cieli'. Il volto di Saulo caduto a terra (…) esprime la maturità dell’uomo interiormente illuminato da Cristo Signore (…). La grazia e la pace di Dio hanno avvolto Saulo, lo hanno conquistato e trasformato interiormente .”

 
Forte di una fede ormai matura – continua il Santo Padre – nei suoi innumerevoli viaggi apostolici, Paolo annuncerà quella grazia e quella pace a tutte le genti. E se il Saulo di Tarso, rinnovato dalla fede, si fa instancabile testimone della Luce, Pietro, unito a Cristo, fin nel dolore ultimo della crocifissione, diventa icona di tutte le sofferenze e le miserie umane: “la croce di Cristo, Capo della Chiesa” si rinnova nella “croce di Pietro, suo Vicario sulla terra”:

 
“Ecco, si realizza proprio ora il culmine della sequela: il discepolo non è da più del Maestro, e adesso sperimenta tutta l’amarezza della croce, delle conseguenze del peccato che separa da Dio, tutta l’assurdità della violenza e della menzogna”.

 
Nella Cappella Paolina – osserva ancora Benedetto XVI - Pietro e Paolo sono uno di fronte all’altro, come se il “volto di Pietro sia rivolto al volto di Paolo, il quale, a sua volta, non vede, ma porta in sé la luce di Cristo risorto”. Nelle pitture del Buonarroti, le miserie umane trovano il loro senso ultimo nell’amore di Dio, che è luce, salvezza e resurrezione:

 
“E’ come se Pietro, nell’ora della prova suprema, cercasse quella luce che ha donato la vera fede a Paolo. Ecco allora che in questo senso le due icone possono diventare i due atti di un unico dramma: il dramma del Mistero pasquale: Croce e Risurrezione, morte e vita, peccato e grazia”.

 
Da questa ideale disposizione – continua il Papa – “emerge il disegno della salvezza, quel disegno che lo stesso Cristo ha realizzato in se stesso portandolo a compimento”. Un disegno che nel Sacramento dell’Eucaristia trova la sua sintesi più alta:

 
“L’Eucaristia è il sacramento in cui si concentra tutta l’opera della Redenzione: in Gesù Eucaristia possiamo contemplare la trasformazione della morte in vita, della violenza in amore. Nascosta sotto i veli del pane e del vino, riconosciamo con gli occhi della fede la stessa gloria che si manifestò agli Apostoli dopo la Risurrezione”.

 
Nella Cappella Paolina – conclude il Papa - tutto “confluisce in un medesimo unico inno alla vittoria della vita e della grazia sulla morte e sul peccato, in una sinfonia di lode e di amore a Cristo redentore”.

 
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La Cappella Paolina è stata dunque inaugurata ieri da Benedetto XVI al termine di un lungo restauro. Un lavoro capillare, durato ben cinque anni, e i cui risultati sono stati presentati, nei giorni scorsi, in una conferenza stampa svoltasi nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, in Vaticano. C’era per noi Isabella Piro:RealAudioMP3

Un’impresa grande ed importante: così il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato, ha definito la conclusione del restauro della Cappella Paolina. Cinque gli anni di lavoro necessari, 20 i restauratori all’opera, oltre tre i milioni di euro impiegati, interamente donati da alcuni “Patrons of the Arts”, un’istituzione nata nel 1992 per patrocinare i Musei Vaticani.

 
I numeri della Cappella Paolina ci dicono già la sua importanza. Voluta da Papa Paolo III alla metà del 1500, questa Cappella viene definita “parva”, cioè “piccola”, per distinguerla dalla “magna”, ovvero la più grande Cappella Sistina. Ma ad unirle è la mano dell’artista che le affrescò entrambe: Michelangelo.

 
La Paolina conserva due dei suoi ultimi capolavori: la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo, circondati poi da un ciclo pittorico ispirato agli Atti degli Apostoli e portato avanti – 20 anni dopo la morte del Buonarroti – da Lorenzo Sabatini e Federico Zuccari. Oggi, tutti questi dipinti brillano di luce propria grazie ad un restauro equilibrato ma anche a 6.000 piccoli led luminosi che li avvolgono in una calda luce naturale. Il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani:

 
“Abbiamo riportato la Cappella Paolina ai colori e all’armonia e alla coerenza cromatica e stilistica che aveva alla fine del ‘500, quando i pittori chiamati 20 anni dopo la morte di Michelangelo, per completare la decorazione, fecero la scelta molto intelligente di adeguarsi a Michelangelo, stare sottotono, usare gli stessi colori. Questo ha dato alla Cappella Paolina una armonia, una coerenza di colori e di patina che noi abbiamo voluto fare riemergere”.

 
Michelangelo lavorò alla Cappella Paolina negli ultimi otto anni della sua vita; stanco, malato, spossato da un’epoca lacerata dalla Riforma, l’artista ci ha lasciato qui il suo testamento pittorico. Maurizio De Luca, capo-restauratore del Laboratorio Restauro Dipinti:

 
“Un Michelangelo che dipinge malcontento – come lui scrive ad un anonimo monsignore: ‘Non posso negare nulla a Papa Pagolo, ma io dipingerò malcontento e farò cose malcontente’. E non è vero! Lui raggiunge sempre dei punti di eccellenza, facendo appello a tutta la gamma di possibilità che la pittura murale offre: a fresco, mezzo fresco, a secco. Un Michelangelo nuovo nell’impeto, nell’impulso, nella composizione, nella libertà. Abbiamo scoperto le ultime pennellate di Michelangelo, che sono proprio quelle con le quali lui dipinge le Dolenti ai piedi della croce di Pietro”.

 
E l’affresco della Crocifissione di Pietro è particolare anche per un altro dettaglio: per lo sguardo del Primo Apostolo rivolto verso il visitatore. Ancora il professor Paolucci:

 
“È un messaggio preciso: Pietro, il primo Papa, nel momento stesso in cui sale sulla Croce, guarda chi entra da quella porta. Siccome questa è la Cappella papale, da quella porta entra il suo Successore, come se San Pietro dicesse: Tu es Petrus – ricorda qual è il tuo destino: può essere anche la Croce, può essere il martirio. E questo è molto bello, trovo”.

 
Il restauro della Cappella Paolina ha coinvolto anche la struttura del presbiterio: è stato lo stesso Benedetto XVI, durante una visita privata ai cantieri, il 25 febbraio scorso, a suggerire di ricollocare l’altare secondo la posizione originaria, ovvero girato verso il Crocifisso e non verso l’assemblea, ma distaccato dal muro, così da poter raggiungere agevolmente il tabernacolo. Il professor Arnold Nesselrath, responsabile storico del restauro:

 
“È stato riposizionato l’altare. Abbiamo adesso una mensa che risale al pontificato di Papa Gregorio XVI e sul retro sono state utilizzate le colonne della Basilica di San Paolo: quindi, in pratica, in questo altare qui in Vaticano c’è anche una reliquia”.







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