A Parigi, conferenza mondiale dell'Unesco sull'educazione superiore. Intervista con
mons. Francesco Follo
Le sfide legate all’educazione superiore sono al centro della Conferenza mondiale
organizzata dall’Unesco che si apre oggi a Parigi. L’importanza dell’educazione è
stata nuovamente ribadita anche da Benedetto XVI nella lettera indirizzata ieri al
presidente del Consiglio dei ministri italiano, Silvio Berlusconi, in vista del G8
che si terrà dall’8 al 10 luglio a L’Aquila. “L’educazione – scrive il Papa - è condizione
indispensabile per il funzionamento della democrazia”. All’incontro di Parigi partecipano
come rappresentanti della Santa Sede mons. Bruguès Jean Louis, segretario della Congregazione
per l’Educazione Cattolica e padre Friedrich Bechina, della medesima Congregazione.
Sugli obiettivi della Conferenza ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco,
l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Unesco, mons. Francesco Follo:
R. – Lo scopo
della Conferenza è di vedere le tendenze attuali degli studi superiori perché c’è
una crescita rapida di domanda. Si deve anche vedere quali siano le dinamiche emergenti
e le implicazioni politiche. Non va poi dimenticato che l’Unesco non è un’università:
è un’organizzazione governativa che lancia anche delle idee. L’importante è avere
chiare le linee di tendenza perché gli Stati siano in grado di fare una legislazione
adeguata. La Conferenza è dunque un’occasione per un’analisi perché i vari Stati possano
avere informazioni adeguate per una buona politica nell’educazione.
D.
– Un’analisi incentrata anche sulle possibilità di un accesso più ampio all’istruzione
superiore, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo…
R.
– C’è il problema di come promuovere l’educazione e l’istruzione nei vari Paesi, compresi
ovviamente quelli in via di sviluppo. Ma si deve anche evitare che ci siano fughe
di cervelli. Si deve evitare di creare dei potenziali disoccupati. La Chiesa, con
1.300 università cattoliche nel mondo, può illustrare linee di tendenza ed anche,
ovviamente, presentare contenuti.
D. – La Chiesa
va quindi considerata come motore fondamentale non solo per la creazione ma anche
per la condivisione di saperi …
R. – Nella Chiesa
c’è questa tendenza nel creare un’unità del sapere, una coerenza. Ma non si crea un
sapere scientifico staccato dal sapere umanistico. Questo, secondo me, è un contributo
che stiamo dando.
D. – Quali sono oggi le potenzialità
e le criticità del collegamento tra l’insegnamento universitario e lo sbocco professionale?
R.
– Secondo me, il vero problema – ma non è solo nelle università – è quello legato
agli insegnanti. C’è un problema pratico: devono essere ben pagati. C’è poi un problema
anche di riconoscimento sociale: a volte nel mondo occidentale sono percepiti come
una sorta di interscambio con il computer. L’insegnante deve anche capire che propone
se stesso, che insegna proponendo: sappiano che loro devono comunicare, alla fine,
il loro modo di vita. Poi gli studenti dovranno essere in grado di valutare, con capacità
critiche, quello che il professore comunica loro. Ma non si comunicano solo informazioni,
non si educa solo “a qualcosa”: si educa “a qualcuno” …
D.
– Accanto a questo, un altro problema potrebbe essere quello della percezione dell’importanza
dell’educazione superiore da parte degli studenti stessi, sempre più folgorati, colpiti
da una cultura dell’immagine, da una cultura materialistica che forse allontana dal
vero significato della formazione …
R. – Anche perché
il problema è che non c’è una proposta di vita. Ci si chiede a che cosa sia orientato
l’accesso nell’educazione. Ad una cultura enciclopedica? Secondo me occorre una risposta
che sia anche sostanziale. Non è sufficiente permettere l’accesso all’educazione.
E’ necessario un luogo che educhi veramente alla vita …