2009-06-30 14:45:31

Prorogato il periodo per l'utilizzo della chiesa di Tarso in Turchia come luogo di culto. Intervista con mons. Luigi Padovese


In Turchia, la chiesa di San Paolo a Tarso, trasformata in museo dallo Stato, continuerà ad essere utilizzata come luogo di culto. Per la città dell’Apostolo delle Genti si tratta di un passo importante in attesa di una decisione definitiva da parte delle autorità turche, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il vicario apostolico dell’Anatolia e presidente della Conferenza episcopale turca, mons. Luigi Padovese:RealAudioMP3

R. - E’ stato prolungato il periodo in cui potremo utilizzare la chiesa come luogo di culto fin quando le autorità locali daranno un giudizio definitivo. Comunque, il parere definitivo da parte delle autorità centrali di Ankara è stato dato. Si attende soltanto questo consenso popolare perché il passo sia definitivo. Rimane però il fatto - ritengo molto positivo - che la Chiesa continui ad essere utilizzata come luogo di culto anche dopo la chiusura dell’Anno Paolino.
 
D. - Tra i frutti positivi quali benefici può portare, non solo alla comunità cristiana, la presenza di una chiesa permanente a Tarso?
 
R. - Il fatto è molto evidente: abbiamo avuto 416 gruppi, in questi mesi, con rappresentanti di almeno 30 Paesi. E’ un fatto che in Turchia - specialmente a Tarso - si è verificato per la prima volta. Questo flusso continuo di pellegrini - non di turisti ma appunto di pellegrini - senz’altro ha fatto crescere anche nella coscienza, sia a livello statale che a livello locale e regionale, l’urgenza che ai cattolici sia dato un luogo di culto nella città dove Paolo è nato.
 
D. - Nella situazione attuale, quali passi si possono compiere per ottenere in futuro la concessione della chiesa di San Paolo a Tarso?
 
R. - Penso che la cosa importante sia quella di tenere gli occhi puntati su questa situazione. Non si deve dimenticare che abbiamo ancora un problema aperto da risolvere: il riconoscimento di un diritto legittimo, quello della libertà religiosa.
 
D. - Tarso, luogo di pellegrinaggio, è anche un ponte ideale per il dialogo tra cristiani e musulmani…
 
R. - Lo è ed il flusso di pellegrini dovrebbe tenere viva la consapevolezza non soltanto dell’importanza dell’Apostolo. Dovrebbe aiutare in questo modo anche le nostre comunità cristiane di Turchia.
 
D. - Cosa significa essere cristiani e testimoniare oggi il Vangelo in Turchia?
 
R. - Innanzitutto, significa prendere coscienza della propria identità in un Paese che per la stragrande maggioranza è di fede islamica. In Stati dove è prevalente un’altra religione, il senso dell’identità deve essere più forte. Credo che questo sia il senso, se non in tutti ma almeno in molti, che proprio l’Anno Paolino ha potuto risvegliare.
 
D. - Quale eredità lascia l’Anno Paolino alla Turchia?
 
R. - Credo lasci uno spiraglio verso una maggiore tolleranza, una maggiore pluralità, anche religiosa, riportando il Paese a questa dimensione originaria dove popoli di culture e religioni diverse hanno convissuto per tanti secoli, più o meno pacificamente. Credo che la strada, ormai, sia questa e che proprio Tarso possa diventare un indicatore di una convivenza pacifica e rispettosa tra le diverse espressioni religiose.







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