Iran: il governo rilascia 5 dei 9 dipendenti iraniani dell’Ambasciata britannica
arrestati ieri
Si attenua lo scontro tra Iran e la Gran Bretagna dopo il rilascio di 5 dei 9 membri
dello staff iraniano dell’ambasciata britannica, arrestati ieri con l’accusa di aver
partecipato alle proteste dei giorni scorsi. Intanto, il Consiglio dei guardiani
ha annunciato l’inizio del riconteggio del 10 per cento dei voti, che si, dovrebbe
concludere entro oggi. Per il punto della situazione, sentiamo il servizio di Marco
Guerra:
Teheran
non intende ridurre il livello dei rapporti diplomatici con la Gran Bretagna o qualsiasi
altro Paese europeo. Così il portavoce del Ministero degli esteri iraniano ha cercato
di abbassare i toni dello scontro tra Iran e Regno Unito, iniziato una settimana fa
con l’espulsione di due diplomatici di Londra e culminato ieri con l’arresto di nove
nove dipendenti iraniani dell’Ambasciata britannica, cinque dei quali sono stati liberati
stamani. Il ministro degli Esteri iraniano, Mottaki, e quello britannico, Biliband,
hanno avuto una conversazione telefonica - ha poi aggiunto il portavoce - assicurando
che il governo della Repubblica islamica ''non ha in programma la chiusura di alcuna
Ambasciata europea”. Ma nei rapporti tra i due Paesi continuano a pesare le accuse
di coinvolgimento nelle proteste rivolte alla Gran Bretagna che, dal canto suo, definisce
inaccettabile la detenzione degli altri quattro dipendenti iraniani. Nel frattempo,
il Consiglio dei guardiani ha cominciato il riconteggio del 10% delle schede delle
presidenziali. I risultati dovrebbero essere pubblicati entro 24 ore. Nulla di fatto,
infine, nell’incontro tra il Consiglio e un rappresentante di Mussavi, che aveva posto
delle condizioni per collaborare all'operazione di riconteggio, così da rinunciare
alla richiesta di annullamento della consultazione, che continua ad essere portata
avanti da diversi leader dell’opposizione.
Ma quali
sono le reazioni dell’Europa e del Regno Unito alle dure accuse rivolte dall’Iran?
Adriana Masotti lo ha chiesto Alberto Zanconato, corrispondente dell’Ansa
a Teheran:
R. - La
reazione è stata molto dura da parte della UE e della Gran Bretagna. La Gran Bretagna
è attaccata da diversi giorni dalle autorità di Teheran che accusano Londra di avere
ordito un vero e proprio complotto contro le elezioni iraniane. Da parte della Gran
Bretagna, si risponde che questo è solo un tentativo di distrarre l’attenzione dalla
repressione interna, sicuramente dura. Ora, c’è questa Federazione per i diritti umani
che parla di duemila arresti e di molte altre centinaia di scomparsi, persone cioè
delle quali non si sa ancora ufficialmente del loro arresto.
D.
- Nonostante le poche notizie che trapelano, il sentore è che questa opposizione continuerà
ancora da parte del popolo iraniano, di una parte di esso...
R.
- Un’opposizione in piazza come c’è stata la settimana scorsa sarà difficile che continui,
perché la repressione è stata molto dura. Ma c’è sicuramente un’opposizione politica
e c’è soprattutto il candidato moderato, Mousavi, che continua a dire di non voler
accettare questo risultato e di non volere nemmeno accettare un riconteggio soltanto
del 10 per cento dei voti. Continua a chiedere, invece, l’annullamento vero e proprio
delle elezioni. Considerando che lo scontro è ai massimi livelli del regime iraniano,
tra la guida suprema Khamenei e l’ex presidente Rafsanjani, questo farebbe pensare
che la ricerca di un compromesso sia inevitabile. Fino a questo momento, però, una
via d’uscita ancora non si vede.
Iraq Con
un giorno d'anticipo rispetto al calendario previsto, l'esercito americano ha completato
il ritiro da tutte le città e i centri abitati iracheni. Lo ha annunciato il generale
Khalaf, portavoce del Ministero degli interni di Baghdad, precisando che le truppe
Usa hanno consegnato alle autorità irachene tutte le installazioni militari. Secondo
il generale, risultano già dispiegate 30 mila unità dell’esercito iracheno che “sono
massimo stato di allerta”. Per celebrare il passaggio di consegne, il governo ha proclamato
domani festa nazionale. Intanto, sul terreno proseguono le violenze: stamani una bomba
ha ucciso un membro del partito sunnita e ferito suo figlio mentre viaggiavano nella
loro macchina a Ramadi.
Afghanistan Non si fermano le violenze in
Afghanistan. Il capo della polizia di Kandahar e sei poliziotti sono stati uccisi
in una sparatoria con delle guardie private afghane che lavorano per l'esercito americano.
L’episodio segue due giorni di violenti attacchi dei ribelli talebani in tutto il
Paese, che hanno provocato 34 vittime, fra cui sette civili.
Libano Una
donna è rimasta uccisa negli scontri avvenuti ieri sera a Beirut tra i sostenitori
di Saad Hariri, leader della maggioranza parlamentare, e i militanti del gruppo sciita
Amal, fedele al presidente del parlamento libanese, Nabih Berry. La coalizione di
Hariri ha vinto le recenti elezioni e il suo leader stato incaricato di formare il
nuovo governo.
Corea del Nord Le preoccupazioni per il programma
nucleare della Corea del Nord ieri al centro di un colloquio tra i vertici del Giappone
e della Corea del Sud, mentre gli Stati Uniti ribadiscono la necessità di nuove sanzioni
nei confronti di Pyongyang. Il servizio di Maurizio Salvi:
Il tema che
preoccupa è quello nucleare, alla luce delle ripetute minacce pronunciate nelle scorse
settimane e dell’esplicito annuncio nordcoreano di voler arricchire il plutonio, allo
scopo di procedere alla produzione di armi atomiche. A questo quadro va aggiunta la
possibilità che nei prossimi giorni la Corea del Nord proceda al lancio di un missile
balistico intercontinentale, in grado di raggiungere i territori sudcoreano, giapponese,
e perfino statunitense, all’altezza delle isole Hawaii. Il premier, Taro Aso, ha ribadito
che lo sviluppo nucleare e missilistico nordcoreano è una seria minaccia per la sicurezza
e non può essere accettato. L’unica via di uscita immediata della crisi è un ritorno
della Corea del Nord al tavolo del dialogo.
Albania Procede
a rilento lo spoglio delle schede delle elezioni parlamentari che ieri hanno chiamato
alle urne in Albania oltre tre milioni di cittadini. Al 20 per centro delle sezioni
scrutinate si delinea un testa a testa tra il Partito democratico del premier uscente,
Sali Berisha, e il Partito socialista del sindaco di Tirana, Edi Rama, leader dell’opposizione.
I primi exit pool alla chiusura del voto davano invece in vantaggio la formazione
moderata di Berisha. L’Albania è diventa membro della Nato lo scorso primo aprile
e questo voto rappresenta un banco di prova della maturità democratica del Paese e
delle sue aspirazioni a entrare nell’Unione Europea.
Diminuisce la maggioranza
in Parlamento della presidente argentina, Kirchner Ha perso la maggioranza
alla Camera e sarebbe a rischio anche quella del Senato. La presidente argentina,
Cristina Fernandez Kirchner, fa sapere tramite il marito ed ex presidente dell’Argentina,
Nestor Kirchner, di accettare i risultati delle elezioni in corso per il rinnovo della
metà dei 257 deputati della Camera e di un terzo dei 72 senatori. Secondo i dati non
ancora definitivi, la presidente Kirchner ha ceduto terreno alle opposizioni e soprattutto
al Partito peronista dissidente Union-Pro di Francisco de Narvaez. (Panoramica
internazionale a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 180 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
sito www.radiovaticana.org/italiano.