All'Angelus Benedetto XVI parla della prossima pubblicazione dell'Enciclica "Caritas
in veritate". L'annuncio dopo la Messa per la Solennità dei Santi Pietro e Paolo
Nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Benedetto XVI ha presieduto questa
mattina nella Basilica Vaticana la celebrazione dell'Eucaristia con alcuni arcivescovi
metropoliti, ai quali ha imposto il Sacro Pallio. Come ogni anno è giunta a Roma la
delegazione del Patriarcato ortodosso ecumenico. Il Papa ha espresso l’augurio che
“la comune venerazione di questi martiri sia pegno di comunione sempre più piena e
sentita tra i cristiani del mondo”. Poi all’Angelus ha annunciato la prossima pubblicazione
della sua terza attesa Enciclica, che porterà la data di oggi e sarà dedicata alle
tematiche sociali. Il servizio di Fausta Speranza:
Si intitola
Caritas in veritate e la sua pubblicazione è "ormai prossima". Il Papa spiega
di aver ripreso le tematiche sociali contenute nella Populorum progressio,
scritta dal Servo di Dio Paolo VI nel 1967:
"Intende
approfondire alcuni aspetti dello sviluppo integrale nella nostra epoca, alla luce
della carità nella verità. Affido alla vostra preghiera questo ulteriore contributo
che la Chiesa offre all’umanità nel suo impegno per un progresso sostenibile, nel
pieno rispetto della dignità umana e delle reali esigenze di tutti”. Ricordando
l’Anno Paolino concluso ieri e commentando la Prima Lettera di San Pietro, il Papa
ha parlato dell’impegno dei presbiteri, di fede e ragione, del bisogno di non dimenticare
l’anima. San Pietro chiama Cristo “pastore e custode delle anime” e Benedetto XVI
spiega il significato di custode e il valore di tutto ciò nell’Anno sacerdotale:
“Certamente
non s’intende una sorveglianza esterna, come s’addice forse ad una guardia carceraria.
S’intende piuttosto un vedere dall’alto - un vedere a partire dall’elevatezza di Dio.
Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro,
vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso.” E
aggiunge:
“Guardando a partire da Dio, si ha una
visione d’insieme, si vedono i pericoli come anche le speranze e le possibilità”. “Se
Cristo è il vescovo delle anime - spiega il Papa - l’obiettivo è quello di evitare
che l’anima dell’uomo si immiserisca”:
“Gesù,
il 'vescovo delle anime', è il prototipo di ogni ministero episcopale e sacerdotale.
Essere vescovo, essere sacerdote significa in questa prospettiva: assumere la posizione
di Cristo. Pensare, vedere ed agire a partire dalla sua posizione elevata. A partire
da Lui essere a disposizione degli uomini, affinché trovino la vita.” E
Benedetto XVI ai sacerdoti chiede coerenza di vita:
“Non
basta parlare. I pastori devono farsi ‘modelli del gregge’”. Il
Papa parla della fede cristiana, sottolineando che la fede “è speranza, apre la via
verso il futuro”. E ribadisce la relazione tra fede e ragione:
“La
fede proviene dalla Ragione eterna che è entrata nel nostro mondo e ci ha mostrato
il vero Dio. Va al di là della capacità propria della nostra ragione, così come l’amore
vede più della semplice intelligenza. Ma la fede parla alla ragione e nel confronto
dialettico può tener testa alla ragione”. E
torna a parlare delle responsabilità dei presbiteri:
“Come
Pastori del nostro tempo abbiamo il compito di comprendere noi per primi la ragione
della fede. Il compito di non lasciarla rimanere semplicemente una tradizione, ma
di riconoscerla come risposta alle nostre domande.” Benedetto
XVI afferma che la meta della fede cristiana è la salvezza delle anime, soffermandosi
su alcuni rischi del nostro tempo:
“Nel mondo
del linguaggio e del pensiero dell’attuale cristianità questa è un’affermazione strana,
per alcuni forse addirittura scandalosa. La parola 'anima' è caduta in discredito.”
E il Papa avverte:
“Resta
vero che l’incuria per le anime, l’immiserirsi dell’uomo interiore non distrugge soltanto
il singolo, ma minaccia il destino dell’umanità nel suo insieme. Senza risanamento
delle anime, senza risanamento dell’uomo dal di dentro, non può esserci una salvezza
per l’umanità.” La vera malattia
delle anime San Pietro la qualifica come ignoranza, cioè come non conoscenza di Dio.
“Chi non conosce Dio, chi almeno non lo cerca sinceramente, resta fuori della vera
vita”, dice il Papa. E in tema di salvezza delle anime sottolinea che “è l’obbedienza
alla verità che rende pura l’anima”.
All’Angelus
il Papa è tornato a parlare del “Pescatore di Galilea che per primo confessò la fede
nel Cristo” e dell’antico “persecutore dei cristiani che annunziò la salvezza a tutte
le genti”. Per poi rivolgere la sua parola di pastore:
“Come
vostro Pastore, vi esorto a restare fedeli alla vocazione cristiana e a non conformarvi
alla mentalità di questo mondo - come scriveva l’Apostolo delle genti proprio ai cristiani
di Roma - ma a lasciarvi sempre trasformare e rinnovare dal Vangelo, per seguire ciò
che è veramente buono e gradito a Dio”. In
particolare, Benedetto XVI rivolge il pensiero alla comunità diocesana di Roma che
- dice - “la Provvidenza divina ha affidato alle mie cure”. Con la preghiera che “Roma
mantenga viva la sua tradizione cristiana” conservando il patrimonio spirituale e
culturale e assicurando sempre “un’atmosfera carica di umanità e di valori evangelici”.