Iran: valide le elezioni per il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione
In Iran il Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione, incaricato di decidere la legittimità
dei risultati nelle contestate elezioni presidenziali, ha ribadito che non è stato
commesso alcun broglio nella tornata elettorale che ha visto la vittoria di Mamoud
Ahmadinejad. Intanto, a Teheran non si ferma la protesta dei manifestanti vicini a
Mir Hossein Moussavi e all'altro leader dell'area riformista, Mehdi Karroubi. Dal
canto loro, 50 religiosi sciiti hanno esortato la guida spirituale iraniana, Alì Khamenei,
a rivedere il suo appoggio incondizionato ad Ahmadinejad. Sulle forti tensioni si
è espresso ieri anche il Sir, l'agenzia della Conferenza episcopale italiana, che,
in una nota, esorta l’Onu e l’Unione Europea a fare di tutto, affinché l’Iran ritrovi
la via verso la riconciliazione. Che cosa, dunque, può fare la comunità internazionale?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto ad Antonio Ferrari, inviato speciale
ed analista del "Corriere della Sera":
R. – Innanzitutto,
mantenere un atteggiamento molto fermo, perché quello che sta accadendo in Iran non
si può nascondere. E’ vero che non ci sono più i giornalisti stranieri a documentare,
però ci sono i blogger, c’è il web che ci porta immagini sempre più drammatiche. Ora,
di fronte a questa repressione, non si può tacere e bisogna continuare a fare tutte
le possibili pressioni. Questo non significa interferire con gli affari interni iraniani,
ma significa che in quel Paese non si stanno rispettando i diritti umani più elementari
e a questo punto credo che l’Onu e le nazioni del mondo abbiano il dovere di far sentire
la loro voce. Credo anche che molto dipenderà da quello che potrà ancora accadere
in Iran: penso a proteste non violente, penso a uno sciopero generale, penso a tutte
quelle iniziative che possono dare l’idea che quanto sta avvenendo è destinato a continuare,
e si vuole che continui. Non si vuole permettere che scenda il silenzio su un risultato
elettorale che a molti osservatori ormai pare decisamente falsato. E, in fondo, se
l’Iran vuol stare nel consesso internazionale deve rispondere a queste pressioni.
Io credo che questo sia il desiderio anche della maggioranza del popolo iraniano.
Ecco perché la comunità internazionale non può rimanere silenziosa. D.
- Quello che sta avvenendo in Iran è soltanto una lotta per la guida del Paese o dietro
c’è qualcosa di più? R. - Probabilmente c’è anche dell’altro.
La determinazione del regime a fronteggiare queste manifestazioni ci dice che il timore
di veder crollare l’establishment di Ahmadinejad è altissimo, forse per ragioni economiche,
e io credo anche per ragioni di equilibri e di alleanze internazionali. Non escluderei
che qualcuno abbia tutto l’interesse a vedere crescere, anche come potenza egemone,
il ruolo dell’Iran nella regione non soltanto come minaccia a Israele ma anche in
funzione antisunnita, visto che i sunniti tutto sommato sono ancora la maggioranza.
Quindi, in fondo, si utilizza Ahmadinejad, perché è quello che più decisamente si
è eretto a portabandiera della nuova grande potenza nucleare iraniana nella regione.
Ahmadinejad per certe forze deve restare al suo posto e forse si tratta anche di forze
internazionali.