All'udienza generale, il Papa parla dell'Anno Sacerdotale e lancia un appello: liberate
Eugenio Vagni e tutti i rapiti in zone di guerra
Appello di Benedetto XVI per il rilascio di Eugenio Vagni e di tutte le persone sequestrate
in zone di guerra. All’udienza generale, nell’odierna festa della natività di San
Giovanni Battista, il Papa ha spiegato le ragioni dell’Anno Sacerdotale appena inaugurato.
Prima del commiato, ha poi ricordato il 150.mo anniversario dell’idea che ha portato
alla nascita della Croce Rossa Internazionale ed ha espresso la sua vicinanza a tutti
i bambini vittime di violenza nel mondo. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Che la persona
umana, nella sua dignità e nella sua interezza sia sempre al centro dell’impegno umanitario”:
così il Papa rievocando l’idea “di una grande mobilitazione per l’assistenza delle
vittime della guerra”, maturata dallo svizzero Henry Dunant, durante la sanguinosa
battaglia di Solferino, il 24 giugno del 1859, che poi diede vita alla Croce Rossa
Internazionale. Da qui, l’incoraggiamento specie ai giovani “ad impegnarsi concretamente
verso questa benemerita istituzione”. Quindi l’appello: “Approfitto
di questa circostanza per chiedere il rilascio di tutte le persone sequestrate in
zone di confitto e nuovamente la liberazione di Eugenio Vagni, operatore della Croce
Rossa nelle Filippine”. Benedetto XVI, rivolto poi
alla delegazione ONU, guidata daRadhika Coomaraswamy sottosegretario
e rappresentante speciale per i bambini in situazioni di conflitto armato, presente
in Piazza San Pietro, ha ricordato tutti i bambini sofferenti, “esposti alla paura,
all’abbandono, alla fame, alla malattia, alla morte”: “Il
Papa è vicino a tutte queste piccole vittime e li ricorda sempre nella preghiera”. Nella
catechesi, il Santo Padre ha spiegato le ragioni dell’Anno Sacerdotale, inaugurato
il 19 giugno scorso, nel ricordo di San Giovanni Maria Vianney, il Curato d’Ars, morto
150 anni fa, “un povero contadino diventato umile parroco” in un piccolo villaggio,
e che “apparentemente non ha compiuto nulla di straordinario”, ma come San Paolo,
in modo totale, ha saputo identificarsi con il proprio ministero e vivere la comunione
con Cristo. Un’aspirazione alla perfezione spirituale - ha sottolineato Benedetto
XVI - che deve accomunare anche tutti i sacerdoti nel mondo contemporaneo, perché
siano “servi” piuttosto che “padroni” della Parola evangelica: “In
un mondo in cui la visione comune della vita comprende sempre meno il sacro, al posto
del quale, la 'funzionalità' diviene l’unica decisiva categoria, la concezione cattolica
del sacerdozio potrebbe rischiare di perdere la sua naturale considerazione, talora
anche all’interno della coscienza ecclesiale”. Ha
spiegato il Papa che negli ambienti teologici, come pure nella prassi pastorale, “si
confrontano, e talora si oppongono due differenti concezioni del sacerdozio”: quella
sociale-funzionale imperniata sul concetto di servizio alla comunità e quella sacramentale-ontologica,
che ancora il servizio all’essere del ministro, quale dono concesso da Dio mediante
la Chiesa. Non sono dunque concezioni contrapposte, ha chiarito Benedetto XVI, laddove
“la tensione che pur esiste tra di esse va risolta all’interno”: “Il
Santo Curato d’Ars ripeteva spesso con le lacrime agli occhi: ‘Come è spaventoso essere
prete!’. Ed aggiungeva: ‘Come è da compiangere un prete quando celebra la Messa come
un fatto ordinario! Com’è sventurato un prete senza vita interiore!’.” Possa
“l’Anno sacerdotale - ha concluso Benedetto XVI - condurre tutti i sacerdoti ad immedesimarsi
totalmente con Gesù crocifisso e risorto”.