La piaga della fame nel mondo e quella della crisi economica: i poveri gridano aiuto.
Intervista con Sergio Marelli
A soffrire la fame nel mondo è oltre un miliardo di persone, un sesto della popolazione
del pianeta. Le stime rese note nei giorni scorsi dalla Fao, l’agenzia Onu per l’agricoltura
e l’alimentazione, lanciano un drammatico allarme alla solidarietà internazionale:
in un anno, il numero delle persone che patiscono per la fame è aumentato di cento
milioni e se non s’interverrà in maniera concreta la cifra è destinata a salire ancora.
La stessa Banca Mondiale stima che entro il 2015 moriranno di fame da 200 a 400 mila
bambini in più all’anno. Il commento di Sergio Marelli, presidente di Focsiv,
intervistato da Stefano Leszczynski:
R. - Per
la seconda volta consecutiva negli ultimi cinque anni, la Fao incrementa di 100 milioni
alla volta il numero delle persone che soffrono la fame, e questo mentre la comunità
internazionale ed i governi continuano a sostenere di perseguire le politiche per
il raggiungimento degli "Obiettivi del millennio" che - ricordo a tutti - nel loro
primo obiettivo hanno invece proprio quello di dimezzare il numero degli affamati.
Quindi, è un dato di grande preoccupazione ed è anche un dato che dovrebbe far riflettere
molto sul fatto che, in un solo anno, 100 milioni di persone sono cadute in questa
nuova schiavitù della fame. Penso che è un dato che dovrebbe imporre un grande cambiamento
della politica internazionale.
D. - Tuttavia, anche
il rapporto della Fao sottolinea l’effetto negativo giocato dalla crisi economica
globale su questa situazione...
R. - E’ fuori dubbio.
Questa crisi economica - che è l’ultima di una serie iniziata con quella dei cambiamenti
climatici e poi continuata, soprattutto nel 2007-2008, con l’impennata dei prezzi
delle derrate agricole e dei prodotti alimentari - ha sicuramente colpito, in maniera
straordinaria, soprattutto i Paesi poveri. E’ per questo che, nonostante qualcuno
dicesse e sostenesse che non ci sarebbe stato un effetto della crisi finanziaria sulle
popolazioni povere, questi dati dicono il contrario e soprattutto impongono che oggi
bisogna investire proprio su quelle popolazioni, in cooperazioni internazionali, se
non si vuole che questa spirale della fame e della povertà domani, e non ho dubbi,
abbia anche delle ripercussioni sulle economie ricche dei nostri Paesi. Un dato per
tutti: assieme all’aumento del numero delle persone che soffrono la fame, tutti stiamo
assistendo anche ad un’impennata del numero delle persone costrette a migrare da queste
situazioni che ormai non sono più vivibili.
D. -
Lo scorso anno, proprio qui a Roma, al World Food Summit, c’erano state grandi promesse
di finanziamenti e d’investimenti nel contrastare la povertà, soprattutto nel settore
dell’agricoltura, da parte degli Stati. Come mai, questi finanziamenti alla fine
ancora non sono arrivati?
R. - Intanto, va ricordato
che gli impegni assunti all’ultimo vertice mondiale dell’alimentazione erano ben inferiori
di quanto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, aveva richiesto; egli chiedeva
a quel vertice 10 miliardi di dollari, ma ne sono stati impegnati meno della metà.
Ed oggi soprattutto ne sono stati stanziati, per quest’iniziativa, un solo miliardo;
iniziativa sostenuta in modo particolare dall’Unione Europea proprio per far fronte
a questa crisi alimentare, a questa risorgenza del fenomeno della fame.