Il Papa apre l'Anno Sacerdotale: intervista col cardinale Arinze
Il Papa – come abbiamo detto – inaugurerà questa sera nella Basilica di San Pietro
l’Anno Sacerdotale. Benedetto XVI presiederà la celebrazione dei Secondi Vespri nella
Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù, che saranno preceduti da un atto di venerazione
delle reliquie del Santo Curato d’Ars. La nostra emittente seguirà in diretta l'evento
a partire dalle 17.30. Nella Lettera pubblicata ieri per l’apertura di questo anno
speciale il Pontefice propone a tutti i sacerdoti del mondo proprio l’esempio di San
Giovanni Maria Vianney, che cercò di “incarnare la presenza di Cristo, testimoniandone
la tenerezza salvifica”. Sui frutti che si attendono da questo Anno indetto dal Papa,
ascoltiamo il cardinale Francis Arinze, prefetto emerito della Congregazione
per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, al microfono di Alessandro
Gisotti:
R. – Possiamo
aspettarci molti frutti: la riflessione da parte dei sacerdoti e anche dagli altri
membri nella Chiesa, religiosi e laici, e la preghiera perché è da Dio che viene la
forza di seguire Gesù. Possiamo attenderci anche seminaristi più determinati e meglio
formati. D. - Nella Lettera per l’apertura dell’Anno Sacerdotale
il Papa sottolinea che abbiamo bisogno di sacerdoti che siano “pastori secondo il
cuore di Dio”. Come raccogliere questo invito del Papa all’inizio del Terzo Millennio? R.
– Il sacerdote non è stato ordinato per se stesso ma per il popolo di Dio. Quando
lui si vede come ministro di Cristo, che è ministro di misericordia, lui si vedrà
come pastore che viene dal cuore misericordioso di Gesù. D.
– Il Papa in tante occasioni non ha nascosto le difficoltà che tanti sacerdoti vivono
oggi. Fa un richiamo anche in questa Lettera per l’Anno Sacerdotale, in particolare
ribadisce l’importanza del Sacramento della Penitenza. Come riavvicinare i fedeli
al confessionale? R. - Il Papa parla del mondo di oggi dove
in alcune aree culturali non tanti vanno a confessarsi, non credono di essere peccatori.
Allora il sacerdote, come il Curato d’Ars, deve riportare al popolo il senso di Dio.
Se accettiamo di essere peccatori possiamo dire: “Mea culpa, mea culpa, mea maxima
culpa”, e non colpa di mia suocera, colpa del governo… Così, se il sacerdote stesso
è convinto del Sacramento della Penitenza e lui si confessa regolarmente sarà in grado
di fare i sacrifici per confessare il popolo come il Curato d’Ars che - come il Papa
ha notato - sedeva in confessionale 16 ore al giorno e il resto del tempo era davanti
al Santissimo. D. - Benedetto XVI scrive nella Lettera che il
celibato è un “dono da vivere in pienezza” proprio mentre anche nella Chiesa c’è chi
vorrebbe metterlo in discussione. Un sua riflessione a riguardo… R.
- La mia riflessione è che il celibato sacerdotale non è un tema da discutere ma è
un dono da vivere. Dobbiamo ringraziare per questo dono che non manca nella Chiesa
da secoli. Ci sono quelli che invece di pregare impiegano il tempo a discutere. San
Giovani Maria Vianney guardava al tabernacolo con gli occhi di un innamorato, aveva
un tale amore per Gesù che la castità seguiva come conseguenza necessaria. I grandi
Santi, San Giovanni Bosco, il Curato d’Ars, San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura,
loro non spendevano il tempo a discutere il celibato ma a vivere l’amore di Dio. D.
- Il Papa nella Lettera ricorda con tenerezza il suo parroco. Lei ha dei ricordi particolari
di un sacerdote, di un parroco legato alla sua infanzia? R .
– Il primo sacerdote che ho conosciuto è stato beatificato da Papa Giovanni Paolo
II. E’ il Beato Cipriano Michele Iwene Tansi. Lui ha cominciato nella nostra parrocchia
nel 1939 e lì mi ha battezzato nel 1941. Io ero il suo chierichetto di Messa nel 1945.
Guardando questo sacerdote si voleva essere come lui ed è molto significativo che
nelle due parrocchie dove lui ha lavorato ci siano tante vocazioni al sacerdozio e
alla vita religiosa.