Il magistero del Papa sul Sacro Cuore di Gesù: rendergli culto vuol dire vivere la
vita in compagnia dell'amore di Dio
Una devozione cara alla Chiesa di ogni parte del mondo, che rivela lo smisurato amore
di Dio per l’umanità. E’ quella del Sacro Cuore di Gesù, di cui oggi si celebra la
solennità e al centro di ricorrenti riflessioni da parte di Benedetto XVI. Alessandro
De Carolis ne ripropone alcune delle più significative in questo servizio:
Dai
tempi della rivoluzione industriale, che spezzò la millenaria sintonia dell’esistenza
umana sui tempi della natura, una delle metafore più comuni per descrivere la vita
contemporanea - specie delle metropoli occidentali - è sempre stata quella della corsa.
L’uomo moderno è in corsa per tutto: quando lavora e, in molti casi, anche quando
riposa. In questo faticoso scenario, pensare a uno spazio per concedersi una sosta
diventa complicato, per stare con se stessi un lusso, per stare con la propria anima
un’esigenza sconosciuta o ridicola. Eppure, spiega Benedetto XVI all’Angelus del primo
giugno 2008, da duemila anni la Chiesa ripete lo stesso insegnamento. L’uomo senza
interiorità è un uomo “dimezzato”. Solo quando sceglie di sottrarsi all’arbitrio dell’affanno
ad oltranza, riacquista la dimensione donatagli da Dio, e negata da sé stesso, quella
dello spirito:
“Quando si ferma in silenzio, ha bisogno
di sentire non solo il battito del proprio cuore, ma, più in profondità, il pulsare
di una presenza affidabile, percepibile coi sensi della fede e tuttavia molto più
reale: la presenza di Cristo, cuore del mondo”.
Il
Sacro Cuore di Gesù è il cuore sacro del mondo. Nessuna corsa potrà mai soffocare
questo battito. E’ il centro di gravità sul quale chiunque può calibrare la propria
vita, può ri-umanizzarla e dunque renderla più serena. Il Papa lo riafferma all’Angelus
del 10 giugno 2007, ricordando quale sia il codice, da molti oggi smarrito, per comunicare
con la dimensione del divino:
“Nella vita di oggi,
spesso rumorosa e dispersiva, è più che mai importante recuperare la capacità di silenzio
interiore e di raccoglimento: l’adorazione eucaristica permette di farlo non solo
intorno all’io, bensì in compagnia di quel ‘Tu’ pieno d’amore che è Gesù Cristo, ‘il
Dio a noi vicino’”.
Nel cuore del Cristo,
spiega Benedetto XVI all’Angelus del 5 giugno 2005, noi adoriamo “l’amore di Dio per
l’umanità, la sua volontà di salvezza universale, la sua infinita misericordia”. Tutti
doni, soggiunge, pagati al prezzo di un dolore-amore smisurati:
“Rendere
culto al Sacro Cuore di Cristo significa, pertanto, adorare quel Cuore che, dopo averci
amato sino alla fine, fu trafitto da una lancia e dall’alto della Croce effuse sangue
e acqua, sorgente inesauribile di vita nuova”.
Un
anno più tardi, è domenica 25 giugno 2006, Benedetto XVI nota come la grande popolarità
della devozione al Sacro Cuore di Gesù si unisca “felicemente alla profondità teologica”.
E’ una festa cara alle famiglie che, dice, usavano e talora in alcuni Paesi usano
ancora consacrarsi al Sacro Cuore. Ma è soprattutto una festa che mette in risalto
la vita del clero, che ora l’inizio dell’Anno sacerdotale pone in nuovo, maggiore
risalto: “La solennità del Sacro Cuore di Gesù è anche la Giornata
Mondiale di Preghiera per la Santificazione dei Sacerdoti: colgo l’occasione per invitare
tutti voi, cari fratelli e sorelle, a pregare sempre per i sacerdoti, affinché possano
essere validi testimoni dell’amore di Cristo”.