Nella Giornata del bambino e dell'adolescente africano l'esperienza delle Figlie di
Gesù in Angola
Una profonda riflessione sui diritti violati dei bambini dell’Africa. E’ l’occasione
che si presenta oggi per l’odierna Giornata del bambino e dell’adolescente africano,
istituita in ricordo dei 152 bimbi morti a Soweto, in Sudafrica, il 16 giugno del
1976. In 10 mila scesero in piazza per chiedere un’educazione scolastica appropriata,
ma vennero attaccati dalla polizia. Da allora, sono molte le esperienze nate nel Continente
per fornire assistenza ai minori, tra queste la casa scuola di Negage, 400 km a nord
di Luanda, in Angola. Anima della struttura è suor Adalberta delle Figlie di Gesù,
dal 1976 in Africa. Una vita a servizio della piccola comunità alla quale però serve
riparare un mulino. Per le donazioni il conto corrente postale è il n. 55515969, intestato
al Comitato Progetto Fratello Mio Suore Figlie di Gesù ONLUS Via San Cosimo 3, 37121
Verona (specificare: per il mulino di Negage). Come si sta festeggiando la Giornata
del bambino e dell’adolescente africano a Negage? Benedetta Capelli lo ha chiesto
alla stessa suor Adalberta raggiunta telefonicamente in Angola:
R.
- Tutto con molta semplicità, ma con tanta gioia, tanto entusiasmo. Il nostro centro
è pieno di bambini che frequentano la nostra scuola e stanno facendo giochi, canti,
danze. C’è tanto entusiasmo perché qui i bambini, con poco, fanno festa.
D.
- Qual è l’impegno che avete ogni giorno verso i bambini e le loro mamme?
R.
- La nostra presenza vuole essere soprattutto una presenza che cerca di soddisfare
le necessità più urgenti che la gente ha. I due ambiti dove noi canalizziamo le nostre
forze, il nostro lavoro, sono l’educazione della gioventù - dei bambini in modo particolare
- e la promozione della donna. Noi, qui, abbiamo un centro, una scuola, che è stata
costruita con tanti sacrifici, ma adesso è funzionale. E come riusciamo a fare questo?
Grazie all’impegno delle nostre sorelle, delle nostre suore in Italia e grazie alla
generosità di tanta gente. Per le donne, faccio un esempio: le lavoratrici che abbiamo
qui, in questa scuola, ho cercato di assumerle tra le donne più bisognose. Ho tribolato
un pochino all’inizio, ma oggigiorno sono contentissima e loro sono contente perché
ricevono un qualcosa che gli permette di mandare avanti la famiglia.
D.
- Suor Adalberta, ci sono però delle emergenze come ad esempio quella di riparare
il mulino…
R. - Un grande aiuto che noi avevamo - anche per
mandare avanti quest’opera con i bambini - era un mulino che avevamo ricevuto anni
fa e che ci permetteva di dare lavoro a due orfani, già grandi, perché io ho degli
orfani già grandi. Il mulino dava aiuto alla popolazione più bisognosa perché cercavamo
di mantenere il costo al minimo. Quello che guadagnavamo era un grande aiuto per l’alimentazione,
il vestiario, la scuola di questi orfani che ci sono e che abbiamo con noi.
D.
- Cosa ha lasciato la visita del Papa in Angola nel cuore degli africani?
R.
- Tutti ne parlano ancora come se fosse appena avvenuto. E’ stato un passaggio di
Dio in terra, qui, in questa nostra Angola. Io penso che per il Santo Padre sia stata
una cosa meravigliosa; per noi è stato un evento senza precedenti.
D.
- Trent’anni in Africa: cosa le ha dato quest’esperienza?
R.
- La mia esperienza qui, in questa terra che amo e che considero mia nel vero senso
della parola, è positiva. Io sono felice di aver passato qui quasi tutta la mia vita,
e poi non è solo il fare o il dare: io ho ricevuto tanto da questa gente, dalla gente
semplice. Ho imparato la generosità, ho imparato la gratitudine, ho imparato la felicità
di vivere con poco. Non so se ho risposto, le parole quasi mi mancano, ma io dico
che se dovessi rivivere la mia vita, sarei felice di poter rifare quello che ho fatto.