Attesa per l’apertura dell’Anno sacerdotale. Mons. Luigi Negri: i sacerdoti amino
Cristo senza condizioni
I sacerdoti di tutto il mondo attendono con trepidazione l’inizio dell’Anno sacerdotale,
che Benedetto XVI aprirà venerdì 19 giugno - Solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù
- con la celebrazione dei Secondi Vespri nella Basilica Vaticana. L’iniziativa, che
ha come tema “Fedeltà di Cristo, fedeltà del sacerdote”, coincide con il 150.mo della
morte del Santo Curato d’Ars, Giovanni Maria Vianney, che il Papa proclamerà “Patrono
di tutti i sacerdoti del mondo”. Sulle aspettative per questo Anno Sacerdotale, Alessandro
Gisotti ha raccolto la riflessione di mons. Luigi Negri, vescovo di San
Marino-Montefeltro:
R. - Credo
che ci si debba aspettare che i sacerdoti ritrovino una profonda affezione personale
a Gesù Cristo, che è la ragione del sacerdozio. E che questa diventi poi capacità
di amare realmente il suo Corpo storico, cioè la Chiesa, assumendo in essa le responsabilità
che sono inerenti all’ordinazione sacra, alla celebrazione dei Sacramenti e alla predicazione
della Parola di Dio. E poi il sostegno alla vita della comunità, affinché la vita
della comunità diventi un luogo di educazione del popolo ad esercitare le grandi virtù
della fede, della speranza, e della carità. D. - Normalmente,
sono i fedeli che chiedono ai sacerdoti, ai propri parroci, di pregare per loro. Quest’Anno
sacerdotale vuole dire che in fondo anche i fedeli sono chiamati a pregare per i propri
pastori, per i sacerdoti? R. - I fedeli sono chiamati a pregare
per i propri pastori, perché se un pastore è all’altezza della sua responsabilità
il popolo fiorisce. Se il pastore, in qualche modo, si sottrae alle responsabilità
che sono inerenti alla sua identità, è il popolo che soffre. Credo che il popolo cristiano
debba riacquistare il gusto di poter dare dei sacerdoti alla Chiesa. Invece, ritengo
che molte famiglie siano i primi ambiti dove avviene questo scoraggiamento alla vocazione,
per ragioni o per motivazioni che sono di basso profilo, economico o di comodo. Pregando
per i sacerdoti, il popolo cristiano deve pregare per comprendere di nuovo che i sacerdoti
escono da famiglie e queste famiglie dovrebbero desiderare innanzitutto di avere qualcuno
dei loro figli che diventa prete per la Chiesa del Terzo millennio. D.
- Parlando ai seminaristi francesi, pochi giorni fa, il Papa ha sottolineato che la
Chiesa è “esigente” con i sacerdoti per amore di Cristo e dei fedeli a loro affidati
... R. - Certo, io amo queste esigenze, e posso dire che le
ho amate in tutta la mia vita di prete. Adesso, le sento e le amo nella mia vita di
vescovo. La Chiesa deve chiederci molto, perché ci è stato dato molto. Deve chiederci
di amare incondizionatamente il Signore, che è l’affetto della nostra vita. Il Signore
Gesù Cristo ci ha scelto e ci ha legati a sé in modo indissolubile. Se questo affetto
è vivo, gli altri affetti non scompaiono, ma trovano la loro collocazione giusta.
E’ quando manca l’affetto totale per Cristo che altri affetti possono diventare alternativi
e quindi idolatrici. D. - Nell’omelia, in occasione della Solennità
del Corpus Domini, il Papa ha avvertito che anche nella Chiesa c’è il rischio
di una secolarizzazione strisciante ... R. - La secolarizzazione
è veramente un cedimento alla mentalità del mondo: è ragionare secondo il mondo e
aggiungere a questo ragionamento secondo il mondo l’appendice della fede. Ma la fede
- disse una volta Giovanni Paolo II - non è un’appendice preziosa ma inutile dell’esistenza,
è la verità dell’esistenza. Io credo occorra ripartire con una formazione veramente
intransigente dei sacerdoti a vivere la cultura che nasca dalla fede. Io credo che
la secolarizzazione non si vinca con atteggiamenti morali, meno clamorosamente mondani,
ma si vinca con quella ripresa intensa della mentalità della fede, che è il vero antidoto
anche a tutte le devianze morali.