Il magistero di Benedetto XVI sul sacerdozio: servizio di verità nella carità per
uomini "esperti nella vita spirituale"
I sacerdoti devono essere “esperti” di Dio. Si può riassumere così, in estrema sintesi,
il magistero di Benedetto XVI su tutto ciò che riguarda il ministero dei presbiteri
nella Chiesa. Nei suoi oltre quattro anni di Pontificato, il Papa ha più volte parlato
dell’identità dei sacerdoti nell’epoca contemporanea e una più organica e approfondita
riflessione sarà al centro dell’Anno sacerdotale, che inizierà ufficialmente venerdì
prossimo, con i Secondi Vespri presieduti nella Basilica di San Pietro da Benedetto
XVI nella solennità del Sacro Cuore di Gesù. Nel suo servizio, Alessandro De Carolis
rievoca alcune delle più significative affermazioni del Papa sul sacerdozio:
Chi va
a Messa, si inginocchia in un confessionale, chiede un consiglio spirituale incontra
un sacerdote ma in realtà vuole incontrare Cristo e vuole ascoltare la voce di Dio.
E’ questa la semplice e insieme altissima missione di un prete. Essere un volto dietro
il quale si intuisce un altro Volto, pronunciare parole che siano la Parola. Da questa
straordinaria responsabilità, che esula da qualità solo umane, discende tuttavia che
proprio l’umanità di un sacerdote sia continuamente modellata sulla divinità del Sacerdote
per eccellenza, Cristo. Il magistero di Benedetto XVI è imperniato su queste convinzioni,
riproposte in tutte le occasioni che fin qui hanno permesso al Papa di esprimersi
su questo tema e in qualche modo preparare l’Anno sacerdotale.
E’
evidente che se un prete, con la zavorra dei suoi limiti e la grazia del suo stato,
è chiamato a misurare ogni giorno la propria vocazione che con il metro della santità
- né più né meno vuol dire essere “un altro Cristo” - ciò che conta per lui è anzitutto
un sistematico esame di coscienza. Il Papa ne ha tracciato uno pubblico, ad alta voce,
durante la Messa Crismale di quest’anno. Nove domande, stringenti, un distillato di
schiettezza spirituale:
“Siamo veramente pervasi
dalla parola di Dio? È vero che essa è il nutrimento di cui viviamo, più di quanto
non lo siano il pane e le cose di questo mondo? La conosciamo davvero? La amiamo?
Ci occupiamo interiormente di questa parola al punto che essa realmente dà un’impronta
alla nostra vita e forma il nostro pensiero? O non è piuttosto che il nostro pensiero
sempre di nuovo si modella con tutto ciò che si dice e che si fa? Non sono forse assai
spesso le opinioni predominanti i criteri secondo cui ci misuriamo? Non rimaniamo
forse, in fin dei conti, nella superficialità di tutto ciò che, di solito, s’impone
all’uomo di oggi? Ci lasciamo veramente purificare nel nostro intimo dalla parola
di Dio?”
E’ evidente la spinta che il Pontefice imprime verso l’alto.
Il sacerdote, osserva in quella stessa circostanza, è un uomo “sottratto alle connessioni
mondane e donato a Dio”. E la meta finale di questo percorso è l’oggetto stesso per
cui Benedetto XVI ha deciso di proclamare un Anno dedicato ai sacerdoti: favorire
in loro la “tensione verso la perfezione spirituale”, come afferma il 9 marzo scorso
quando ne dà l’annuncio davanti alla Congregazione per il Clero. Del resto, aveva
obiettato il 25 maggio 2006 durante il suo viaggio in Polonia:
“Dai
sacerdoti i fedeli attendono soltanto una cosa: che siano degli specialisti nel promuovere
l’incontro dell’uomo con Dio. Al sacerdote non si chiede di essere esperto in economia,
in edilizia o in politica. Da lui ci si attende che sia esperto nella vita spirituale
(…) Siate autentici nella vostra vita e nel vostro ministero. Fissando Cristo, vivete
una vita modesta, solidale con i fedeli a cui siete mandati. Servite tutti; se vivrete
di fede, lo Spirito Santo vi suggerirà cosa dovrete dire e come dovrete servire”.
Dunque, sguardo sempre rivolto a Dio e quindi rivolto all’umanità. Il sacerdote
vive tra due mondi, ma il Papa è sempre molto realista quando si tratta di valutare
l’impatto delle cose della terra sull’anima del prete, che deve essere proiettata
verso il cielo. Per questo, dice durante la Messa Crismale del 2008: “Il
sacerdote deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze
incalzanti del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta
in piedi: dritto di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno
per il bene”.
I mezzi per la “perfezione” sono noti a ogni presbitero:
Eucaristia, fedeltà a una preghiera profonda, formazione permanente. Il Papa ne parla
quasi ogni settimana, quando le stanze della sua casa si riempiono di vescovi di tutto
il mondo che vengono a raccontargli delle loro Chiese particolari. Ma è possibile
fin qui individuare un concetto su tutti, il leit-motiv che - secondo Benedetto XVI
- “fa” il sacerdote, come dichiara il 13 maggio 2005, nel tradizionale incontro con
il clero romano:
“Tutto ciò che è costitutivo del nostro ministero
non può essere il prodotto delle nostre capacità personali (…) Siamo mandati non ad
annunciare noi stessi o nostre opinioni, ma il mistero di Cristo e, in Lui, la misura
del vero umanesimo. Siamo incaricati non di dire molte parole, ma di farci eco e portatori
di una sola 'Parola', che è il Verbo di Dio fatto carne per la nostra salvezza”.