Filippine: attese e speranze per Eugenio Vagni sequestrato da cinque mesi
Il calvario di Eugenio Vagni, l’operatore della Croce Rossa in mano a una banda di
sequestratori del gruppo radicale “Abu Sayyaf” nell’isola di Jolo, continua: il volontario,
rapito il 15 gennaio con altri due operatori (poi liberati), è sottoposto a marce
forzate nella giungla dell’isola ma, secondo informazioni ufficiali delle autorità
filippine è vivo, pur sofferente a causa di un’ernia. Il timore attuale, riferiscono
fonti locali, è che la sua liberazione possa venire strumentalizzata per vicende politiche
interne alle Filippine, e che Vagni sia utilizzato dai ribelli per fini politici.
Intanto l’esercito ha potenziato la sua offensiva sull’isola per stanare i gruppi
responsabili del rapimento: sull'isola di Jolo si sono intensificati i combattimenti
tra ribelli ed esercito: negli ultimi tre giorni almeno 22 persone sono rimaste uccise,
e dozzine ferite. “Le truppe non si fermeranno finché non avranno neutralizzato il
gruppo di Abu Sayyaf e risolto il problema del rapimento”, ha detto il portavoce dell'esercito
filippino. La Chiesa locale - riferisce l'agenzia Fides - ha indetto veglie di preghiera
e continua a sensibilizzare la popolazione sui temi della non violenza e della riconciliazione,
chiedendo a tutti di contribuire al rilascio di Vagni. I vescovi delle Filippine Sud
si sono dichiarati favorevoli a una maggiore visibilità dei militari per le strade
e nei “luoghi sensibili”, per scoraggiare i terroristi e mantenere l’ordine pubblico.
Molti temono che, visti i rischi e le violenze subite dagli operatori umanitari, molte
Ong che operano nella zona possano ritirarsi e abbandonare i progetti avviati, con
gravi conseguenze negative per la popolazione locale. Le azioni terroristiche come
i sequestri, sottolineano i vescovi, rappresentano un evidente danno per l’intera
società e tutti hanno il compito di condannarle e fermarle, nell’interesse comune.
(R.P.)