Giornata mondiale contro il lavoro minorile: liberare le ragazze dallo sfruttamento
“Diamo una possibilità alle ragazze: eliminiamo il lavoro dei bambini”: è il tema
dell’odierna Giornata mondiale contro il lavoro minorile, che segna quest’anno anche
il decimo anniversario delle Convenzione internazionale per eliminare le forme più
gravi di sfruttamento lavorativo infantile. Si stima che in totale siano 100 milioni
le piccole lavoratrici dentro e fuori casa. Roberta Gisotti ha intervistato
il prof. Furio Rosati, dell’Organizzazione internazionale del lavoro.
D. - Prof.
Rosati lei è il coordinatore del Progetto internazionale “Capire il lavoro minorile”.
Allora, cosa vuol significare l’espressione “Diamo una possibilità alle ragazze”?
R.
– Vuole sottolineare che molto spesso le ragazze si trovano a lavorare in settori
particolarmente a rischio, pensiamo al caso più drammatico dello sfruttamento sessuale
dei minori, ma pensiamo anche al lavoro che le ragazze svolgono come domestiche presso
numerosissime famiglie, un lavoro che è abbastanza difficile da individuare. D’altra
parte il lavoro minorile delle ragazze è stato un po’ sottovalutato perché spesso
ha aspetti che non sono così evidenti. Non sempre le ragazze partecipano ad attività
di produzione economica ma, per esempio, se passano gran parte della loro giornata
a occuparsi della casa, dei fratellini, dei genitori ammalati, ovviamente non possono
andare a scuola o possono andarci con poco profitto e il loro futuro ne è danneggiato.
D.
- Professor Rosati lei ha citato la piaga dello sfruttamento sessuale delle bambine
nei Paesi in via di sviluppo. Girando lo sguardo ai Paesi ricchi, anche in Italia,
lei non vede un regresso nella cosiddetta emancipazione della donna quando i modelli
imperanti sui media richiamano continuamente l’uso, piuttosto dobbiamo dire l’abuso
della sessualità per affermarsi nella società?
R.
– Direi che questi modelli pongono dei seri rischi perché spingono le giovani a non
investire nell’educazione, nella specializzazione, ma a investire in altre forme dell’apparire.
Questo vuol dire che nel futuro avremo sempre crescenti problemi di integrazione femminile
sul mercato del lavoro perché, ovviamente, uno degli elementi fondamentali è la specializzazione.
D.
- Anche di discriminazione fra le donne stesse, in quanto si afferma il valore della
bellezza per andare avanti nel lavoro e anche della disponibilità sessuale…
R.
– Certo, lo strumento bellezza come tipo di investimento aumenta sensibilmente il
rischio di discriminazione nella società per le donne, anche se apparentemente potrebbe
sembrare un modello vincente o di facile realizzazione.
D.
- Prof. Rosati nell'attuale crisi economica e finanziaria a pagare, forse, sono già
di più le donne nei Paesi ricchi che poveri...
R.
- Le donne hanno un doppio ruolo, lavorano ma si occupano anche dell'andamento della
casa. In una situazione di crisi come questa in cui può diventare troppo costoso mandare
i bambini a scuola sicuramente molte famiglie reagiranno non mandando a scuola le
bambine piuttosto che i bambini perchè alla fine i bambini dovranno andare a lavorare
al di fuori della casa mentre molte donne seguiteranno invece a lavorare all'interno
della famiglia e, quindi, in un certo senso il loro investimento in educazione è meno
importante.
D. - Nei Paesi ricchi invece possiamo
pensare al venire meno di diritti acquisiti, ad esempio per tutelare la maternità...
R.
- Garantire la possibilità per le donne di partecipare al mercato del lavoro vuol
dire offrire una serie di servizi o di garanzie che permettano alla donna di conciliare
l'attività, che ancora svolgono in maggioranza all'interno della famiglia, con l'attività
sul mercato del lavoro. Certo se in una fase di crisi si riducono i sostegni, le donne
saranno costrette ad uscire dal mercato del lavoro e occuparsi soltanto delle attività
domestiche.