Alta affluenza alle urne in Iran per le elezioni presidenziali
Lunghe code ai seggi in Iran, dove 46 milioni di elettori sono chiamati a scegliere
il nuovo presidente della Repubblica Islamica. Il conservatore moderato Mir Hossein
Mussavi, che gode dell’appoggio dei riformisti e che potrebbe avvantaggiarsi dell’alta
affluenza alle urne, ha denunciato il negato accesso dei suoi rappresentanti in alcuni
seggi. Ha già votato l’altro candidato favorito: l’attuale presidente Mahmud Ahmadinejad
mentre la Guida suprema, l'ayatollah Ali Khamenei, dopo aver deposto la scheda nell’urna
ha invitato la popolazione a dare una “prova di calma”. Nel caso dovesse mancare una
vittoria netta, i primi due classificati andranno al ballottaggio il 19 giugno. Sulle
differenze tra i favoriti la riflessione al microfono di Stefano Leszczynski di
Alberto Zanconato, corrispondente Ansa da Teheran:
R. – Ahmadinejad
si è reso noto per la sua retorica intransigente e per le sue posizioni intransigenti
in politica estera. Mussavi risponde a questo dicendo che, invece, l’Iran ha bisogno
di una distensione con gli altri Paesi e che, sul nucleare, vuole continuare i colloqui
con il gruppo dei “5 più 1”, cioè le Grandi Potenze, anche se lo stesso Mussavi sostiene
che la Repubblica Islamica non può rinunciare al suo programma atomico. D.
- Per quanto riguarda invece le aspettative degli iraniani c’è un’ipotesi di cambiamento
nell’aria o no? R. - C’è sicuramente! Questo ha dato vita ad
una crescente ondata di sostegno per Mussavi che ha attaccato Ahmadinejad soprattutto
sulla politica economica. Una situazione aggravata, secondo Mussavi e gli altri candidati,
dalla situazione di isolamento internazionale in cui Ahmadinejad e la sua politica
hanno precipitato il Paese. D. - Quarantasei milioni di elettori
chiamati alle urne: c’è da aspettarsi una buona affluenza al voto... R
. – Sì, sicuramente un’affluenza superiore a quella di quattro anni fa, quando si
era arrivati alla fine degli otto anni di presidenza Khatami. Oggi però c’è la volontà
di fermare Ahmadinejad e, quindi, ci sarà sicuramente un aumento dell’affluenza rispetto
al passato. Più gente andrà a votare e più il candidato Mussavi avrà possibilità di
sconfiggere Ahmadinejad. Pakistan attentati Ennesima
giornata di violenze in Pakistan. Una catena di attentati ha scosso le città di Lahore,
Nowshera e Peshawar causando almeno 10 morti e 180 feriti. Intanto, prosegue l’offensiva
dell’esercito nel nord ovest del Paese contro le roccaforti dei talebani. Il servizio
di Marco Guerra:
Le violenze
scuotono il venerdì di preghiera in Pakistan. Due distinti attentati hanno colpito
moschee in cui erano raccolte decine di fedeli. La prima esplosione, provocata da
un kamikaze, ha demolito un luogo di culto con annesso seminario religioso a Lahore.
Fra le sei vittime accertate c’è anche il rettore della scuola islamica, un moderato
che aveva ripetutamente criticato i talebani più radicali, oltre 90 sono poi i feriti.
Poco dopo un altro attentatore suicida si è fatto esplodere nei pressi di una moschea
di Nowshera, località della provincia della frontiera del nord-ovest, il bilancio
provvisorio è di quattro morti e 92 feriti. Sempre in mattinata, due agenti sono rimasti
uccisi a Peshawar, a seguito di una serie di attacchi in diversi punti della città,
fra cui la residenza del comandante delle operazioni militari contro i miliziani integralisti
nel nord-ovest del Paese. La nuova catena di violenze rappresenta, con molta probabilità,
un tentativo di rispondere all’avanzata dell’esercito nella valle dello Swat, dove,
una ad una, stanno cadendo tutte le roccaforti dei talebani. Anche nelle ultime 24
ore, sui distretti al confine con l’Afghanistan, sono proseguiti raid dell’aviazione
di Islamabad. Almeno 47 le vittime, fra cui diversi civili. Iraq Sgomento
in Iraq per l’uccisione di un deputato sunnita iracheno, Hareth al Obeidi, raggiunto
da un sicario all’uscita di una moschea di Baghdad. Nell’attacco sono morti anche
una guardia del corpo del politico e altre tre persone. Obeidi era anche vice presidente
della commissione parlamentare per i diritti umani. Di due morti e 12 feriti è poi
il bilancio di un attentato dinamitardo nella parte orientale della capitale. Tuttavia,
nel Paese del Golfo si continua a registrare un sensibile calo delle vittime e delle
attività dei ribelli ed entro il prossimo 30 giugno è previsto il ritiro dei soldati
Usa da tutte le città e centri abitati dell'Iraq. Grazie al miglioramento delle condizioni
di sicurezza, per la prima volta maxi-schermi saranno allestiti nelle piazze pubbliche
della capitale per consentire a migliaia di tifosi di seguire gli incontri della nazionale
irachena impegnata da domenica nella Confederations Cup in Sudafrica.
Afghanistan Ancora
violenze in Afghanistan. Sei civili afghani sono rimasti uccisi in due separati episodi
nella provincia di Kunar, nell’ovest del Paese. Vittime anche tra le truppe della
coalizione internazionale. Si tratta di un soldato britannico rimasto ucciso in un'esplosione
nel corso di un'operazione nei pressi di Kandahar.
Italia-Gheddafi Terzo
giorno di visita in Italia per il leader libico Gheddafi, che in mattinata ha incontrato
gli imprenditori italiani ai quali ha assicurato che verrà data priorità alle loro
imprese. A seguire è previsto il colloquio con una rappresentanza delle donne italiane,
per chiudere nel pomeriggio con il faccia a faccia con il presidente della Camera
Gianfranco Fini, prima di una tavola rotonda con lo stesso Fini e l'ex ministro degli
Esteri Massimo D'Alema. Ieri non sono mancate le polemiche, Gheddafi ha infatti alternato
toni di amicizia con Roma e attacchi agli Stati Uniti. Contestazioni sono venute dall’Italia
dei Valori in Senato e da gruppi di studenti all’Università La Sapienza.
Italia-intercettazioni In
Italia, tra le polemiche, la Camera dei Deputati ha dato ieri il via libera al disegno
di legge che modifica le norme sulle intercettazioni. Il ddl, a scrutinio segreto,
è passato con 20 voti in più di quelli di cui disponeva la maggioranza. Il presidente
della Repubblica Napolitano ha detto di riservarsi l’esame del testo per prendere
poi le decisioni opportune. Dure critiche sono state espresse dall’opposizione, dal
sindacato dei giornalisti e dalla Federazione degli Editori che chiedono che "siano
evitate limitazioni ingiustificate al diritto di cronaca”.
Nuova Influenza-Oms L’Organizzazione
Mondiale della Sanità ha innalzato, ieri, a sei il livello di allerta per l’influenza
A H1N1. Si tratta ormai di pandemia: la prima del XXI secolo. Il virus, partito dal
Messico, ha contagiato quasi 30 mila persone in 74 Paesi e causato 144 morti.
Corea
del Nord La Casa Bianca ha detto di attendersi “azioni irresponsabili” da parte
della Corea del Nord che starebbe preparando un terzo test nucleare in risposta alla
minaccia di sanzioni da parte dell'Onu. Tuttavia, sono di segno opposto i segnali
rilevati dai servizi di intelligence sudcoreani che "escludono l'imminenza di un nuovo
test''. Il dossier sulla proliferazione nucleare di Pyongyang sarà discusso nella
riunione odierna del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. All’esame dell’organismo c'è
la bozza della nuova risoluzione che porta la firma di Usa, Francia, Regno Unito,
Giappone e Corea del Sud.
Sudan-ong Il Sudan permetterà alle agenzie
umanitarie espulse lo scorso marzo di ritornare in Darfur e riprendere le operazioni
di soccorso alle popolazioni locali. Lo ha annunciato ieri al Palazzo di Vetro, John
Holmes, responsabile Onu per gli aiuti umanitari. Secondo l'esponente delle Nazioni
Unite, Khartoum avrebbe detto che "sono benvenute non solo le ong esistenti, ma anche
quelle nuove". Nessuna conferma, al momento, è arrivata dalle organizzazioni internazionali.
Il Sudan - lo ricordiamo - aveva espulso i gruppi umanitari stranieri dopo il mandato
spiccato, nei mesi scorsi, dalla Corte Penale Internazionale nei confronti del presidente
sudanese Omar al-Beshir, per crimini contro l'umanità proprio in Darfur. Sul significato
di un eventuale ritorno delle Ong indipendenti in Darfur, Giada Aquilino ha
raccolto il commento di padre Franco Moretti, direttore della rivista dei comboniani
"Nigrizia":
R. – Significherebbe
che una parte maggiore degli aiuti inviati dalla comunità internazionale arriverebbero
a destinazione. Non è detto che la situazione migliorerà drasticamente: rimarranno
sempre tanti profughi, rimarrà sempre questo genocidio in corso. Le sofferenze verranno
un po’ lenite. E’ impossibile per i piccoli organismi non governativi locali che dipendono
dal ministero degli Interni gestire un’emergenza così grande. Si provi a pensare al
campo profughi di Kalma con 170 mila persone, senza mezzi di trasporto,
senza comunicazioni, senza strade, senza punti di incontro, di distribuzione del cibo,
delle medicine e così via. D. – In quali condizioni vive, quindi,
la popolazione del Darfur? Le stime delle Nazioni Unite parlano di almeno 300 mila
morti nel conflitto... R. – Quando visitai un anno fa il Darfur,
gli esponenti delle principali organizzazioni non governative mi riferirono di 450
mila persone morte. Qualcuno già dice che siamo arrivati a metà del genocidio del
Rwanda. Nel 1994 la comunità internazionale disse: “Mai più un Rwanda”, invece si
ripete puntualmente. Io penso che siamo vicini al mezzo milione di morti. E’ un’umanità
sull’orlo della disperazione. Bisogna continuare a urlare contro questo scempio dei
diritti umani in Darfur. Il Darfur è in tutto il Sudan. Moldova-politica In
Moldova, la Corte Costituzionale ha invitato il presidente Voronin a sciogliere il
parlamento e convocare nuove elezioni. Secondo alcune voci, la data probabile potrebbe
essere il 2 agosto. La Moldova è precipitata in una profonda crisi politica dopo il
trionfo dei comunisti alle legislative del 5 aprile scorso. Un risultato, questo,
contestato dalle opposizioni che hanno inscenato proteste e manifestazioni nella capitale
Chisinau. (Panoramica internazionale a cura di Benedetta Capelli e Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LIII no. 163
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del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del sito www.radiovaticana.org/italiano.