Tese le ultime ore della campagna elettorale in Iran, domani le presidenziali. Intervista
con Alberto Zanconato
Vigilia di elezioni in Iran per le presidenziali di domani. Ieri si è chiusa la campagna
elettorale. Le ultime ore sono state caratterizzate dalle tensioni per la lettera
inviata dall'ex presidente Rafsanjani alla Guida suprema, l'ayatollah Khamenei, per
chiedere lo svolgimento di consultazioni “pulite” e lamentando il “silenzio” sulle
accuse di corruzione rivoltegli dal presidente uscente, Ahmadinejad. A tale proposito,
questa mattina si è tenuto un colloquio tra l’ayatollah Khamenei e lo stesso Rafsanjani.
I due sono visti da alcuni osservatori come i principali sostenitori rispettivamente
di Ahmadinejad e di Moussavi. Secondo la stampa internazionale, infatti, tra il presidente
uscente e l’ex primo ministro si gioca la sfida di domani. Ce ne parla Alberto
Zanconato, corrispondente Ansa da Teheran, intervistato da Giada Aquilino:
R. - Sicuramente,
sarà una sfida a due perché i candidati minori - cioè Karroubi, che è riformista,
e Rezai, che è un conservatore “indipendente” ed è l’ex comandante dei Pasdaran -
non sembrano avere grandi possibilità. Tutte le possibilità sembrano andare in questo
momento al presidente uscente, Ahmadinejad, che si ricandida per un secondo mandato,
e all’ex primo ministro, Moussavi, che si dichiara lui stesso un conservatore moderato,
ma è praticamente l’uomo sul quale hanno trovato il consenso i conservatori critici
di Ahmadinejad e i riformisti dell’ex presidente, Katami, per cercare di sfidare Ahmadinejad
e impedirgli di governare per altri quattro anni.
D.
- Cosa propone Moussavi rispetto ad Ahmadinejad?
R.
- Le proposte di Moussavi sono piuttosto vaghe. La sua campagna elettorale si è basata
soprattutto sugli attacchi contro Ahmadinejad, contro la sua politica e la sua retorica
intransigente a livello internazionale, quindi contro gli Stati Uniti e contro Israele,
e sul programma nucleare. Questa intransigenza, secondo Moussavi, ha provocato un
isolamento del Paese. Poi, si è basata anche su attacchi che riguardano la situazione
economica dell’Iran: la Repubblica islamica, in questo momento, ha un’inflazione che
viaggia sul 25 per cento, una disoccupazione, secondo il dato ufficiale, del 12,5
per cento, ma che secondo gli esperti indipendenti è molto più alta. Questa situazione,
secondo i critici di Ahmadinejad, è stata provocata in gran parte dalle politiche
del presidente, che negli anni scorsi ha speso a pioggia i grandi introiti dalla vendita
del petrolio e ha provocato una spinta inflazionistica molto forte. E, ovviamente,
quello che Moussavi propone in primo luogo è una distensione verso l’Occidente, che
poi possa avere anche effetti benefici dal punto di vista economico.
D.
- Oltre 46 milioni di aventi diritto al voto, la metà dei quali nata dopo il 1979,
anno della Rivoluzione islamica: cosa ci si attende dalle urne?
R.
- Il voto giovanile effettivamente sarà quello decisivo, non solo per i giovani che
andranno a votare, ma anche perché probabilmente la maggioranza di questi giovani
convincerà i genitori ad andare a votare come loro.
D.
- Nucleare e petrolio: quale sarà la linea dell’Iran nei prossimi anni?
R.
- E’ difficile pensare che queste elezioni portino ad un cambiamento radicale della
linea iraniana, soprattutto sul nucleare. Quella del programma nucleare è una decisione
strategica presa molti anni fa, sulla quale hanno proseguito i diversi presidenti,
quindi anche il riformista Katami. C’è da dire che la retorica di Ahamadinejad non
ha certo favorito la ricerca di un compromesso con l’Occidente. Se dovesse essere
eletto Moussavi, la speranza soprattutto in Occidente - ma anche di molti iraniani
- è che si possa cercare una certa distensione che poi porti a dei risultati, in una
politica del passo dopo passo, che potrebbe essere aiutata comunque anche da un cambiamento
di volto del presidente.