Perù: la mediazione della Chiesa per risolvere la crisi in Amazzonia
Non accenna a placarsi la grave crisi sociale e politica del Perú anche se, dopo i
giorni di lutto e sangue, con decine di vittime tra manifestanti indigeni e poliziotti,
sembrava che si potesse aprire uno spiraglio per una ripresa del dialogo e dei negoziati.
Ora la situazione si complica poiché tende a diventare anche una crisi regionale.
Da Lima non si risparmiano accuse, neanche tanto velate, contro i Presidenti Hugo
Chávez del Venezuela ed Evo Morales della Bolivia, indiziati di “sobillare la protesta”.
Intanto però all’interno del Paese il Presidente Alan Garcia, che sino ad oggi sembra
irremovibile nel volere applicare a tutti i costi il Trattato di libero scambio con
gli Stati Uniti nella zona amazzonica ove dovrebbe sorgere un’industria petrolifera,
ha perso il Ministro incaricato della promozione delle donne, la signora Carmen Vildoso.
Da parte sua la chiesa peruviana, molto impegnata dai primi giorni del mese a evitare
il peggio, dopo diverse prese di posizioni a favore del dialogo tra le parti, ieri,
con una nota del Presidente dell’episcopato mons. Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo
di Trujillo, ha informato l’opinione pubblica sull’incontro avuto, assieme al cardinale
Juan Cipriani, arcivescovo della capitale, con il Primo Ministro Yehude Simons. Alla
riunione erano presenti anche i due vice-presidenti e il segretario generale della
Conferenza episcopale. L’incontro, voluto dai vescovi, aveva come scopo quello di
facilitare la ricerca di soluzioni negoziate senza far ricorso alla violenza sia da
parte degli aborigeni, ormai al quinto giorno di mobilitazione, sia da parte delle
forze dell’ordine. Il comunicato ribadisce che i presuli hanno insistito sul fatto
che sia necessario trovare, per il bene comune, “la riconciliazione e il ristabilimento
della pace sociale, impegno che deve mobilitare tutti”. Il Primo Ministro ha chiesto
alla chiesa peruviana una sua partecipazione all’interno di un gruppo di lavoro dove
si cercheranno le strade migliori per risolvere la controversia. “Noi, aggiunge il
comunicato dei vescovi peruviani, abbiamo deciso di prendere parte a questo gruppo,
tramite un membro della Conferenza episcopale”. La chiesa in Perú, ha spiegato mons.
Cabrejos Vidarte ai giornalisti che lo attendevano dopo l’incontro, è sempre aperta
a collaborare e a partecipare in tutto ciò che serve al bene comune. Ritengo che questa
visita al Primo Ministro sia un passo importante per dare inizio a un dialogo che
possa portare alla soluzione del conflitto”. Infine, il Presidente dell’episcopato
ha rivolto un appello a tutti i sacerdoti e religiose affinché non si sottraggano
mai al dovere di lavorare “per la pace e contro qualsiasi indizio o segno di violenza.
Tutti, come peruviani, dobbiamo lavorare per la riconciliazione. Ci aspettiamo da
tutti calma e serenità. Dobbiamo pensare al nostro Paese, il Perú. Non dobbiamo pensare
ai gruppi o a determinate persone. Il Perú siamo tutti”, ha concluso l’arcivescovo
di Trujillo. Nelle ultime ore la stampa locale ha confermato che il leader della principale
organizzazione degli aborigeni (Associazione interetnica della giungla peruviana –
Aidesep), Alberto Pizango, ricercato dalla giustizia dopo gli scontri di venerdì e
sabato scorso, che hanno causato 35 morti, si è rifugiato nell'ambasciata del Nicaragua
a Lima. Secondo alcuni organi di stampa locali, un sacerdote italiano, padre Mario
Bartolini, 70 anni, passionista, che vive in Amazzonia da 31, sarà processato con
l'accusa di istigazione alla rivolta, e rischia l'espulsione dal Paese. (A cura
di Lui Badilla)