2009-06-10 16:12:33

Pakistan: 18 le vittime dell'attentato a Peshawar. La condanna di Ban Ki-moon


È arrivata anche la condanna del segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, per l’attentato di ieri a Peshawar, in Pakistan, quando l’esplosione di un’autobomba ha investito il lussuoso Hotel Pearl Continental. Almeno 18 le vittime, tra questi due dipendenti delle Nazioni Unite, una settantina i feriti. Si intensificano intanto le operazioni antitalebani delle truppe governative sia nella valle di Swat, sia nelle aree tribali del sud Waziristan. E si aggrava la preoccupante crisi umanitaria che coinvolge ormai quasi tre milioni di profughi in fuga dalle zone dei combattimenti. Per un’analisi della crisi pakistana, Stefano Leszczynski ha intervistato Margherita Paolini, coordinatrice scientifica della rivista di geopolitica "Limes".RealAudioMP3

R. - Tutte queste aree di frontiera, sia quella più a nord che quella del Waziristan, premettono ai talebani - sia del lato afghano che di quello pakistano - di ruotare in qualche modo, cioè di passare da una postazione all’altra e di mettere in difficoltà, su un fronte e sull’altro, rispettivamente, sia le forze armate pakistane che quelle americane che si trovano nel nordest dell’Afghanistan. C’è un aspetto che riguarda piuttosto il boicottaggio dei rifornimenti Nato in Afghanistan, e l’attentato di Peshawar dimostra, appunto, che c’è un controllo sulla zona dalla quale passano i rifornimenti più vitali per la Nato.
 
D. - L’obiettivo di ieri sembrava diretto a voler colpire la presenza internazionale in Pakistan, in particolare le Nazioni Unite. Come mai, considerato che c’è un’emergenza umanitaria della quale le Nazioni Unite cercano di farsi carico?
 
R. - Gli autori di questo attentato non hanno scrupoli nei confronti delle Nazioni Unite, né si preoccupano degli aiuti umanitari. Per loro è importante fare un’azione di vendetta nei confronti di quella che viene definita una persecuzione dei militari pakistani contro il popolo pashtun. Non dimentichiamoci che questa popolazione pashtun - che vive al di qua e al di là di una frontiera virtuale, che è la “linea Durand” - si è sempre sentita un unico popolo ma si trova contemporaneamente vessata, sia dal lato afghano che da quello pakistano, e questo raddoppia le schiere dei militanti. Non è che tutti i pasthun siano talebani, però si crea poi un sentimento di unità che alimenta un "brodo" nel quale il terrorismo trova spazio e viene difeso. Nel caso, invece, delle popolazioni che vivono nel nord della frontiera pakistana con l’Afghanistan si tratta di popolazioni che si trovano tra l’incudine e il martello, cioè tra gli attentati talebani e la repressione militare dei pakistani.







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