Sri Lanka: cristiani e buddisti insieme per ricostruire il Paese dopo la guerra
“Cristiani e buddisti dovrebbero collaborare nel promuovere l’ahimsa, la dottrina
della non violenza, e alleviare così le sofferenza di tutti quelli che hanno patito
la brutalità della guerra”. Padre Sarath Iddamalgoda, sacerdote impegnato nella difesa
dei diritti umani, individua nella cooperazione tra le due comunità di fedeli una
strada per ricostruire il Paese. Il giorno in cui la comunità buddista dello Sri
Lanka celebra la festa di Poson, l’inizio della diffusione della religione sull’isola,
“è un’occasione ideale - dice padre Iddamalgoda - per buddisti e cristiani per riflettere
sulla comune responsabilità verso la vita della società srilankese”. Il sacerdote,
presidente dell’associazione Sramabimani KendrayaVihara, caratterizzata da momenti
di incontro e dialogo dedicati all’importanza della religione e della dottrina della
non violenza., ha promosso insieme ad altri religiosi cristiani un’iniziativa per
testimoniare vicinanza e solidarietà verso la comunità buddista. Per tre giorni si
sono uniti alla celebrazioni organizzando una Poson Bathi Gee, manifestazione per
le strade di Kelaniya, la città che ospita il tempio buddista di padre Iddamalgoda
spiega ad AsiaNews che il valore dell’ahimsa “è dimenticato da molti in questo momento
di post-conflitto in cui è immerso il Paese. La popolazione si lascia ispirare dall’ideologia
singalese-buddista piuttosto che dei valori centrali del buddismo”. Da questa constatazione
è nata l’idea dei tre giorni di Poson Bathi Gee promossi da cristiani. Suor Noel Christine
Fernando, coordinatrice della Sramabimani Kendraya, spiega che l’iniziativa è utile
“per aiutare i fedeli buddisti a riscoprire l’importanza e la rilevanza della loro
religione nella esistenza quotidiana” e così sottrarsi al rischio di “vivere una vita
artificiale in un ambiente estraneo alla tradizione buddista, segnato dalla violenza
sociale”. (R.P.)