2009-06-08 16:02:10

Giornalisti sotto tiro in Corea del Nord e Somalia


''Abbiamo attivato tutti i canali possibili per la loro liberazione''. Così il numero uno della Casa Bianca Barack Obama dopo la condanna a 12 anni di lavori forzati, da parte dei giudici nordcoreani, nei confronti di due giornaliste statunitensi, Laura Ling ed Euna Lee. La condanna è per ingresso illegale e attività ostili. Le due donne sono state arrestate il 17 marzo scorso al confine tra Corea del Nord e Cina, mentre realizzavano un reportage sui rifugiati. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Domenico Affinito vicepresidente di Reporter Senza Frontiere Italia. Drammatica la situazione dell’informazione anche in Somalia, dove è stato ucciso il direttore del network radiofonico “Shabelle”, Mokhtar Mohamed Hirabe. Dal 2007, 14 giornalisti sono stati uccisi nel Paese. Massimiliano Menichetti ha raccolto il commento di Domenico Affinito, vicepresidente di Reporter Senza Frontiere Italia:RealAudioMP3

R. – La Somalia è di fatto un Paese in guerra, una di quelle guerre che ormai si sono cronicizzate e che dura ormai praticamente dal ’93, da quando fallì la missione internazionale “Restore Hope”. Tutta questa situazione si riflette in modo diretto sulla sicurezza di chi fa informazione. Il giornalisti locali, ovviamente, non essendoci un governo democratico costituito, sono alla mercé della volontà di chi comanda, zona per zona; nel momento in cui non è d’accordo con il giornalista lo fa liquidare, lo fa uccidere … Il nostro appello è quello rivolto, chiaramente e sempre, alla comunità internazionale che deve fare di più per migliorare le condizioni in queste zone del mondo.

 
D. – Réporters sans frontières ha notizie di Mohammed Ibrahim Jekey, il giornalista della Universal Tv che è stato rapido il 2 giugno scorso?

 
R. – Non abbiamo informazioni particolari su di lui. Abbiamo cercato di compiere una missione in Somalia per prendere contatto con chi governa il Paese nelle diverse zone, e abbiamo dovuto abbandonare in quanto non ci veniva garantita la sicurezza in ampie zone del Paese.

 
D. – Ci spostiamo in Corea del Nord: due giornaliste americane sono state condannate a 12 anni in campi di lavoro …

 
R. – Noi siamo molto preoccupati: la Corea del Nord è il Paese peggiore per quanto riguarda la libertà di stampa, secondo Réporters senza frontiere; è un Paese nel quale nessun giornalista straniero può entrare con un visto giornalistico. Tutti i giornalisti che ci vanno, ci vanno con un visto turistico, devono starci pochi giorni e poi se vengono “pescati” a fotografare, a lavorare rischiano tantissimo; ed è di fatto nulla la libertà di stampa, invece, per quanto riguarda i giornalisti locali.

 
D. – Il presidente statunitense Obama ha assicurato ogni sforzo per la liberazione delle due giornaliste. C’è dunque una possibilità?

 
R. – In questo caso, le pressioni possono servire. L’abbiamo visto con la Saberi in Iran, che alla fine poi è stata liberata anche se condannata: anche lì, una giornalista americana di nazionalità, di origine iraniana, condannata per alto tradimento ma in realtà perché stava operando come giornalista, stava prendendo nota di una serie di informazioni. In questo caso, stiamo parlando di due giornaliste, americane di nazionalità ma di origine sud-coreana. Si spera che in qualche modo una pressione possa servire.







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