2009-06-08 18:32:42

Elezioni europee: astensionismo record. Mons. Giordano: curare l'anima dell'Ue


Bassa l’affluenza al voto, vittoria delle forze di centrodestra che hanno fatto registrare una netta sconfitta dei socialisti, un'avanzata dei partiti ecologisti e dell'estrema destra e un'ulteriore frammentazione dei gruppi. Questa in estrema sintesi la fotografia del voto per il rinnovo del Parlamento europeo nei 27 Paesi dell'Unione. Tutti i dettagli da Laura Forzinetti:RealAudioMP3

Sull’astensionismo record che ha segnato queste elezioni europee, Luca Collodi ha chiesto una riflessione a mons. Aldo Giordano, Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa.RealAudioMP3
 
D. - Vorrei sottolineare due aspetti, in particolare. Il primo è che questo denuncia la mancata coscienza del ruolo che l’Europa dovrebbe avere e potrebbe avere per le sfide mondiali - solo un’Europa più unita e più stabile può affrontare le grandi domande del mondo – e del ruolo che l’Europa ha per la vita concreta locale dei singoli cittadini. Il secondo aspetto, l’astensionismo denuncia anche la lontananza di fatto tra cittadini europei e istituzioni. Quindi c’è una mancanza di informazione ma anche una mancanza di fiducia per ciò che avviene a livello globale, che sembra poco controllabile. Questo è un dato che deve far riflettere l’Europa.

 
D. – Mons. Giordano, il risultato elettorale ci dice di un crollo del centro-sinistra e di un’Europa che svolta decisamente verso il centro-destra e con una presenza rafforzata dei cosiddetti "euroscettici". Quale valutazione possiamo fare?

R. – Credo sia il problema della sicurezza quello che i cittadini cercano, il problema di avere dei punti di riferimento e anche delle proposte concrete. Probabilmente i cittadini europei hanno visto un centro-destra con delle proposte che da una parte salvano di più delle tradizioni e questo anche per la paura davanti a fenomeni - che sembrano sconvolgere delle tradizioni, i volti dei Paesi - come il fenomeno migratorio, il fenomeno dell’incontro fra popoli e fra culture, la crisi della finanza, che è un fenomeno mondiale e globale e che non si sa come controllare. Davanti a questo si sceglie chi garantisce o chi sembra garantire una tradizione e sembra fare proposte più concrete.

D. – Secondo lei, nell’Unione Europea, si fa una politica che guarda poco ai problemi dei popoli, affrontandoli invece in modo ideologico?

 
D. – Forse c’è troppa ideologia e questo porta a votare per l’Europa pensando alle situazioni locali. Credo ci sia questo condizionamento. Invece, c’è forse poca idealità; occorrerebbe rilanciare l’ideale dell’Europa com’era nelle origini, cioè rilanciare un’Europa capace di affrontare le questioni mondiali con una visione, con una prospettiva e questo, invece, sembra mancare. E’ una riflessione che l’Europa deve fare. Se appare troppo burocratica, se appare qualcosa di troppo farraginoso, certamente questo non entusiasma i popoli e tantomeno i giovani.

 
D. – La sensazione è che l’Europa non abbia un’anima che possa fare da collante alle varie realtà nazionali…
 
R. – A questo punto mi interrogo sulla responsabilità che abbiamo come europei e che abbiamo avuto nel non curare questa anima. Il fatto di aver scommesso su altre cose e di aver dimenticato che veniamo da una grossa tradizione storica, culturale, politica, dal punto di vista, nostro, cristiano e soprattutto anche la domanda di come è stata valorizzata questa visione dell’uomo, della società, del rapporto tra popoli, che viene dalla luce del cristianesimo. Probabilmente dobbiamo chiederci cosa abbiamo fatto di questo dono che la storia ci ha riservato e che potrebbe essere veramente una prospettiva capace di mettere in dialogo l’Europa con il mondo e far vedere quale sia la vocazione veramente positiva e, noi diremmo, provvidenziale dell’Europa.

R. – Mons. Giordano si può fare una prima valutazione sul voto dei cattolici europei?

 
D . – E’ difficile in questo momento ma mi sembra che i cattolici da una parte siano molto sensibili su alcuni temi, pensiamo al tema della vita, che per noi è decisivo per il futuro stesso dell’umanità, al tema della famiglia, che noi riteniamo essere il fondamento della società; una grande parte dei cattolici è sensibile a votare persone che garantiscano un’attenzione a questi temi. D’altra parte, sappiamo che la tradizione cattolica è molto legata al tema della solidarietà. I cattolici vedono la fratellanza universale e non sopportano le ingiustizie, la fame nel mondo, e votano per chi è sensibile a queste tematiche. Non saprei dire dove si sia veramente indirizzato il voto cattolico, però direi che sono state queste due tendenze a indirizzarlo. Direi anche che la Chiesa cattolica, il cristianesimo in generale, sia una delle forze più attente al “fatto” Europa. Io, dalla mia esperienza europea, posso confermarlo: la Chiesa ha una sensibilità, una sensibilità anche critica, cioè sui difetti dell’Europa, ma ha un’enorme sensibilità e non so se le istituzioni hanno coscienza di questo valore, di questa potenzialità della Chiesa nella costruzione europea.
 
D. – Come sarà, allora, la nuova Europa uscita dalle urne?

 
R. – Un’Europa che da una parte deve interrogarsi e che, quindi, non può semplicemente dire: continuiamo così come facciamo. Dobbiamo, per prima cosa, interrogarci sul rapporto tra Occidente e Oriente. Qualcosa non funziona ancora, probabilmente c’è ancora troppo un processo occidentale che ha tentato di espandersi verso l’Est europeo e i popoli non comprendono in fondo questo, e l’Occidente forse non ha ancora fatto uno sforzo sufficiente per comprendere l’Est. Quindi, resta il problema di vedere quale Europa vogliamo.

 
D . – Mons. Giordano, pensa che questo risultato freni in qualche modo l’idea degli Stati Uniti d’Europa?

 
R. - Noi abbiamo sempre pensato ad un’Europa dove le Nazioni hanno un ruolo fondamentale e, quindi, credo che bisognerà ancora una volta ripensare a che tipo di Europa vogliamo fare, cioè come fare un’Europa dove le tradizioni delle Nazioni, degli Stati, siano valorizzate e dove queste identità possano unirsi in una costruzione comune. Credo che una riflessione di fondo sia assolutamente necessaria.

Sul voto europeo ascoltiamo anche Sergio Marelli, direttore della Focsiv, l’organismo internazionale che riunisce oltre 60 associazioni del volontariato cristiano, e Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, esperienza legata a Comunione e Liberazione. Le interviste sono di Luca Collodi:RealAudioMP3
 
R. – Sergio Marelli, che ne facciamo di questa Europa?

 
R. – Continuo a sperare che facciamo un’Europa sicura, un’Europa anche solidale, aperta e pronta a vivere quello che ormai è un dato di fatto, ovvero una società interetnica aperta al resto del mondo e con una grande responsabilità nei confronti dei Paesi terzi. Non va, infatti, dimenticato che non solo l’Europa, l’Unione Europea, è la prima grande aggregazione di governi nazionali su base regionale ma è anche il primo soggetto a livello commerciale, un’entità politica tra le più avanzate a livello mondiale; è, insomma, una regione alla quale le altre parti del mondo guardano con particolare attenzione e con molte aspettative.

D. – Vittadini, gli elettori puniscono un Continente senz’anima?

 
R. - Il primo dato elettorale è l’astensionismo. Hanno ucciso le radici cristiane dell’Europa, un’identità per l’Europa, e questo è l’esito. Abbiamo un’Europa senz’anima e oggi gli europei non sentono questa Europa burocratica degli Stati come la loro Europa. Questo è il dramma più grande. Si capisce che senza ideali, i grandi ideali che hanno costruito l’Europa del primo dopoguerra, l'ideale cattolico, socialista, liberale, noi non possiamo avere un’Europa che è fatta dai cittadini.

D. – Marelli, è d’accordo? Mancano i valori ?

 
R. - Assolutamente sì. L’anima è la base della politica, i valori non possono che essere il fondamento di ogni struttura e di ogni istituzione. Un’Europa senza valori sarà solamente una struttura burocratica lontana dai cittadini ma, soprattutto, incapace di rispondere alle grandi sfide con cui si dovrà confrontare.

 
D. – Marelli, mi scusi, ma la questione delle misure e dei requisiti di frutta e verdura, l'aranciata senza arance e altri dettagli simili, sono forse piccoli episodi, ma indicativi di un’Europa lontana dalla sentire comune della gente?

 
R. – Sono degli esempi così indicativi che vengono confermati anche da questo astensionismo che in alcuni Paesi è stato veramente drammatico.
 
D. – Di fatto, parliamo di burocrazia…

 
R. – Parliamo di un’Europa di funzionari e di burocrati che probabilmente non intercetta più i veri bisogni ma anche le vere aspettative, le grandi proiezioni della sua cittadinanza. Si è lavorato molto per un’Europa intergovernativa e molto poco, invece, per un’Europa dei cittadini; 450 milioni di cosiddetti cittadini europei che però ancora non sentono e non vivono l’Europa come la futura casa comune dentro la quale dispiegare il proprio futuro, le proprie proiezioni per sé e per i propri figli.

 
D. – Vittadini, a questo punto che facciamo con l’Europa?

R. – Dobbiamo avere il coraggio di dire che quello che diceva Giovanni Paolo II non era la difesa degli interessi cattolici ma era qualcosa che valeva per chi non era cattolico ma laico. Fare una Costituzione in cui il preambolo era raccogliticcio e pensare che potesse stare in piedi un’Europa dei compromessi e delle ipocrisie vuol dire ucciderla. Facciamo degli esempi. Hanno costruito questa Europa sull’idea del liberismo e poi facciamo lo statalismo. Hanno costruito questa Europa sull’idea della libertà e poi tutta la legislazione e tutti i tentativi di legislazione anti-uomo degli ultimi anni hanno fatto sì che la gente si spaventasse. Hanno detto dell’Europa sociale e sembrava che prima della crisi finanziaria volevano uccidere le Cooperative, le Banche popolari e altro ancora. Non si può pensare che uccidendo ciò che sta più a cuore al popolo, poi la gente si senta rassicurata da questo. Purtroppo, quello che per noi non è positivo, oltre all’astensionismo, è che cresce la xenofobia, l’Europa della paura, l’Europa della chiusura al diverso. Paradossalmente, anche se a molti dà fastidio, quello che la Chiesa europea continua a ripetere dovrebbe essere qualcosa che laicamente viene assunto come un valore fondamentale per tutti.







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