Si allarga il conflitto in Somalia. Violenti scontri sono scoppiati ieri per il controllo
di Wabho, importante città del centro del Paese. I combattimenti si aggiungono a quelli
in corso, tra insorti islamici e truppe governative, per la capitale Mogadiscio. I
profughi, secondo l'Onu, sono ormai 96 mila. La stabilizzazione del Corno d’Africa
sarà al centro dei lavori della Riunione del Gruppo di Contatto sulla Somalia, a cui
parteciperanno diversi esponenti dei Paesi della regione, che si terrà a Roma il 9
e il 10 giugno. Sui motivi di queste continue violenze in Somalia, Giada Aquilino
ha intervistato Nino Sergi, segretario generale dell’organizzazione umanitaria
Intersos, che opera nel Paese africano dal 1992:
R.
- Queste violenze sono la continuazione di qualche cosa che già esiste da qualche
settimana. C’è stato un processo che è stato formalizzato a metà del 2008 per cercare
una soluzione unitaria alla crisi somala. Questa soluzione unitaria è stata però solo
parziale: la parte di somali che non hanno accettato questo processo, che dunque è
rimasta fuori, ovviamente non la vede come soluzione unitaria. E si sono posti in
opposizione dura: opposizione armata. Questa opposizione dura si è manifestata in
due modi: una prima ondata di conquista del territorio è iniziata dal maggio dello
scorso anno quando un missile americano ha centrato un leader degli “shabab” – gli
“shabab” sono questi giovani mujaheddin che sono un po’ le forze, le milizie di questa
prima opposizione; con quell’uccisione c’è stata una reazione: conquistare il territorio.
E nel giro di un anno, hanno conquistato quasi tutto il territorio del centro-sud
della Somalia. Dal maggio 2009, c’è stata un’alleanza tattica con altre opposizioni
che fino ad ora erano rimaste politiche, con scontri armati al governo e alle istituzioni
transitorie, alle istituzioni di unità nazionale – come sono state definite – e che
stanno provocando oggi pesanti conseguenze negative per la popolazione. Sono stati
toccati da queste violenze ormai due milioni di persone, se poi contiamo anche quelle
che subiscono gli effetti della cecità, sono tre milioni di persone che sono in un
bisogno enorme.