Perù: dichiarazione del presidente dell'episcopato dopo lo scoppio di violenza in
Amazzonia
Ieri, in Perù, nelle località di Bagua Chica e Bagua Grande, ci sono stati nuovi scontri
tra i gruppi indigeni locali e la polizia: la stampa locale parla di almeno 33 morti
e 100 feriti. Giorni fa ci sono state altre vittime tra i civili e i poliziotti. Ora,
i manifestanti avrebbero risposto prendendo in ostaggio un gruppo di 38 poliziotti
che custodivano una stazione dell'oleodotto, proprietà dell'ente statale “Petroperù”.
In merito a questi fatti luttuosi, il presidente della Conferenza episcopale del Perù,
mons. Miguel Cabrejos Vidarte, arcivescovo di Trujillo, insieme con la dottoressa
Beatriz Merino Lucero, dell'Authority per la difesa dei popoli aborigeni, in una dichiarazione
congiunta tornano a chiedere la ricerca di soluzioni negoziate ricordando che "la
vita è un valore supremo che va protetto in ogni circostanza" e questo dovere, aggiungono,
va rispettato sia per quanto riguarda "le nostre comunità di aborigeni storicamente
abbandonate, sia nel caso delle persone "chiamate, nell'adempimento dei doveri costituzionali,
a ristabilire l'ordine". "Il nostro appello è un’esortazione alla serenità" e perciò
"chiediamo che sia messo termine subito agli scontri tra concittadini". "E' urgente
- prosegue il documento - che venga data attenzione a tutte le persone ferite senza
distinzione di nessun tipo e il prima possibile vengano stabiliti i canali del dialogo,
che non si sarebbero dovuti mai interrompere. È questa l'unica via per risolvere pacificamente
i conflitti. Siamo consapevoli di dovere proteggere la vita e i diritti fondamentali
delle persone e dunque chiediamo alle autorità e ai dirigenti di scegliere il dialogo
e la pace. Al tempo stesso, conclude il documento, dichiariamo la nostra disponibilità
a collaborare in tutto quanto sia richiesto, allo scopo di ripristinare la tranquillità
tra le popolazioni colpite e nell'intero Paese". Per ora esiste una differenza tra
le cifre diffuse dal governo e quelle fornite dagli indigeni: secondo il premier,
le vittime sono undici poliziotti e tre nativi. Ma i dati sugli indigeni morti, riferiti
dal governo, differiscono ampiamente da quelli forniti dal Collegio Medico Chachapoyas,
dagli ospedali, dai mezzi di comunicazione e dalle organizzazioni indigene, che parlano
di 25 vittime. La mobilitazione degli indigeni, contraria all'applicazione del Trattato
di libero commercio con gli Stati Uniti, coinvolge oltre cinquemila indigeni di 62
gruppi etnici, riuniti nell'Associazione interetnica di sviluppo della Selva Peruviana.
Dallo scorso 9 aprile, i manifestanti si scontrano con la decisione governativa di
incrementare le riserve di gas e petrolio, presenti in grandi quantità nella selva.
Gli "indios" ritengono che questa decisione apra le porte allo sfruttamento senza
controllo da parte dei privati, delle Corporation, con conseguente danno non
solo alle loro comunità ma anche all'ambiente. (A cura di Luis Badilla)