2009-06-06 12:49:16

Domani, la Beatificazione di Raffaele Rafiringa, primo religioso lasalliano del Madagascar. Intervista con mons. Angelo Amato


Da pagano a straordinaria figura di cristiano, che nelle vesti di laico consacrato ricostruì la Chiesa del Madagascar in assenza di sacerdoti. E' la parabola di Raffaele Rafiringa, primo religioso dei Lasalliani nell'isola africana. A elevarlo domani agli onori degli altari sarà, a nome del Papa, l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. La cerimonia si svolgerà nella capitale del Madagascar, Antananarivo, città d'origine del nuovo Beato, dove nacque nel 1856. Ai nostri microfoni, lo stesso mons. Amato ne tratteggia la figura e il carisma:RealAudioMP3

R. - A dieci anni vide per la prima tre uomini vestiti di nero, dalla pelle bianca, che lo incuriosirono parecchio. Erano forse tre nuovi stregoni? No, erano tre Fratelli delle scuole cristiane, giunti per l'educazione dei giovani. Avevano già imparato la lingua malgascia, fedeli all'insegnamento del loro fondatore, San Giovanni Battista de La Salle (1651-1719), per il quale ogni insegnamento, soprattutto quello religioso, per essere efficace deve essere fatto nella lingua materna. Firinga, un giorno, insieme ai suoi compagni di gioco, si recò a curiosare: fu colpito da due quadri appesi alla parete. Il primo raffigurava la Sacra famiglia e ammirò l'amore che la mamma aveva per il suo bambino. Il secondo quadro ritraeva un crocifisso, dallo sguardo buono. Nella classe, uno dei tre stregoni bianchi stava spiegando qualcosa ai piccoli scolari. Tornato a casa, chiese al padre di voler frequentare quella scuola: sotto la guida di fratel Ladolien, il piccolo fu conquistato dai racconti del Vangelo, dalla figura di Maria e soprattutto da Gesù crocifisso. A quattordici anni chiese il Battesimo, che fu celebrato il 24 ottobre 1879, festa dell'arcangelo Raffaele; gli fu dato il nome di Raffaele, e poi aggiunse un “Ra” (signore), a Firinga, diventando così Raffaele Rafiringa.

 
D. - Come divenne religioso?

 
R. - La crescita culturale e spirituale di Rafiringa lo fecero diventare collaboratore dei religiosi, come maestro supplente della scuola. A vent'anni attua la decisione della sua vita: chiese di diventare fratello delle scuole cristiane. Era la Pasqua del 1876. Due anni dopo, Raffaele Rafiringa - figlio del Capitano degli schiavi - vestì l'abito dei Freres, diventando Fratel Raffaele-Luigi Rafiringa. La formazione fu lunga e meticolosa: studio della dottrina cristiana, delle regole del suo ordine, studi di ordine professionale e di perfezionamento.

 
D. - C'e qualche elemento straordinario nella sua vita?

 
R. - Per questioni politiche, e per una certa invidia verso i cattolici da parte di altri cristiani dell'isola, tutti i francesi furono espulsi dal Madagascar: rimasero solo fratel Raffaele e alcune suore malgasce. Il 29 maggio 1883, la benedizione da parte del direttore, Fratel Gonzalvien che stava lasciando l'isola: "Dopo la nostra partenza, conferma i fratelli nella fede e davanti a qualunque pericolo rimani fedele a Dio e alla regola dell'lstituto. Dio ti benedica e anch'io ti benedico!". Nelle stesse ore, un padre gesuita rivolgeva parole simili a Vittoria Rasoamanarivo, figlia del primo ministro, allieva delle suore, battezzata a dispetto dei suoi quando aveva quindici anni. Ora, a trentasei, si sentiva anche lei pronta a qualsiasi sacrificio, pur di non far spegnere la luce della fede nel suo Paese. Tra Vittoria e fratel Raffaele si stabilì cosi una santa alleanza, che porta frutti benefici e insperati.

 
D. - Come si regolarono i cattolici privati delle loro guide spirituali?

 
R. - I cattolici non avevano nessuna intenzione di abbandonare la propria fede. La domenica, 3 giugno 1883, all'ora della Messa festiva, tutti si diressero verso la cattedrale. Alcune guardie sbarrarono il passo. Vittoria si fece avanti e nonostante il divieto entra in cattedrale dicendo: "Noi non abbiamo paura di entrare in chiesa. Niente ci impedirà di riunirci a pregare". Tutti entrarono. Entrò anche fratel Raffaele con gli alunni della scuola. Non c'era, però, nessun sacerdote per la celebrazione della Messa. Tutti gli occhi erano puntati su fratel Raffaele: era lui l'unico che poteva guidare la comunità cattolica nel suo cammino di perseveranza nella fede. Il giovane religioso diventa cosi il capo dell'Unione cattolica di tutto il Madagascar. Ogni mattina, alle sette, recitava il Rosario in cattedrale con gli alunni della scuola; il venerdì sera si faceva la Via Crucis e il sabato si cantavano le litanie della Madonna davanti alla statua dell'lmmacolata. Intanto, si sceglievano anche i capi delle piccole assemblee di altri posti. Per tre anni, quest’atteggiamento di preghiera e di fedeltà non solo non danneggiò i cattolici, ma ne fece aumentare il numero. Intanto, la scuola cattolica riceveva elogi dalle autorità per l'alto livello di istruzione raggiunto dai suoi alunni. Ma fratel Raffaele pensava anche alla formazione dei catechisti per l'istruzione religiosa delle campagne e per l'assistenza dei fedeli presenti in altri centri, organizzava ritiri per le suore, scriveva opuscoli e dirigeva ogni domenica una - oggi diremmo - liturgia della parola, desiderata ed apprezzata da tutti. La sua guida spirituale era l'osservanza della regola dei Freres sia nello spirito che nelle prescrizioni esteriori.

 
D. - Quando tornarono i missionari?

 
R. - Dopo tre anni, firmata la pace, poterono tornare anche i missionari francesi. Li attendeva una lieta sorpresa quando constatarono che la comunità cristiana si era mantenuta fedele e forte per merito dell'Unione Cattolica, di cui fratel Raffaele era presidente. Nel 1889, il religioso emise la professione perpetua, consacrandosi per tutta la vita a Dio nella Congregazione dei Fratelli delle Scuole cristiane. La sua giornata era assorbita dall'insegnamento, dalla composizione di opere religiose, storiche, artistiche, didattiche, dalle traduzioni, dalla redazione di una grammatica e una sintassi della lingua malgascia, dalla collaborazione a dizionari, dalla preparazione di una pedagogia cristiana inculturata, che riconoscesse e rispettasse i valori della cultura malgascia. Furono questi i titoli che gli permisero nel 1903 di essere nominato membro della nascente Accademia del Madagascar.

 
D. - Cosa dire della sua santità?

 
R. - Questo lavoro immenso non lo distoglieva dalla cura della sua santificazione, anzi, davanti al Tabernacolo, spesso chiedeva al Signore una prova che potesse contribuire alla sua purificazione. E la prova dolorosa puntualmente arrivò: il 24 dicembre 1915 fu arrestato, perché accusato di appartenere ad una società segreta ultranazionalista. Furono sequestrati e distrutti i preziosi manoscritti che si trovavano nella sua stanza. Fratel Raffaele, innocente, venne gettato in prigione. II carceriere gli porto un po' di cibo, ma lui rifiutò: "Grazie, amico, oggi è la vigilia di Natale, e noi cattolici facciamo digiuno". E proprio a mezzanotte di que! Natale, iniziò l'interrogatorio: fratel Raffaele si proclamò innocente, la sua unica preoccupazione era stata l'istruzione religiosa e civile dei giovani malgasci. Il 18 febbraio 1916 il processo si concluse con le pubbliche scuse da parte del giudice verso l'imputato e con l'immediata scarcerazione. Fu un trionfo per il nostro Beato ed i festeggiamenti durarono più giorni. Anche il vescovo venne a trovare - come lui disse - il suo "supplente negli anni dell'esilio". Lo stesso vescovo poi svelò ai Fratelli un segreto: fratel Raffele era andato da lui per chiedergli un rosario nuovo, perchè il vecchio rosario si era consumato nei mesi di prigionia. La sua salute, però, era stata gravemente colpita. I suoi superiori pensarono bene di trasferirlo da Antananarivo a Fianarantsoa, ricca di bellezze naturali e con un clima più adatto alle sue condizioni. Questo trasferimento fu una ferita al suo amore per la sua città natia, la sua cattedrale, la sua scuola, i suoi amici. Vi rimase due anni e furono gli ultimi della sua vita. Si spense a 63 anni, il 19 maggio del 1919. Ma la capitale non si rassegnava a vedere sepolti lontani i resti del suo eroe, e così, nel 1933, ci fu il tanto sospirato trasferimento. II ritorno fu un vero trionfo di popolo. Un trionfo arricchito di grazie e di favori celesti.

 
D. - Cosa dire del miracolo?

 
R. - Ci fu anche un miracolo, riconosciuto dalla Congregazione per le Cause dei Santi e fatto per la Beatificazione di fratel Rafiringa. Si tratta della guarigione del signor Pietro Rafaralahy da una totale paralisi degli arti inferiori che lo affliggeva da più di sei anni. Pietro era cattolico ed era uno dei catechisti della regione. Quando seppe che il percorso della salma da Fianarantsoa ad Antananarivo, avrebbe fatto sosta nella cattedrale di Antsirabe, si fece trasportare in quella città per rendere omaggio ed anche per chiedere la grazia della guarigione. Ed avvenne il miracolo. Dopo la Messa, Pietro si trascinò verso la bara: sentì un brivido lungo il corpo e fu spinto ad alzarsi. Lo fece senza difficoltà. Era guarito. Le sue stampelle le lasciò come ricordo alla chiesa. Ritornò con le proprie gambe a casa, coprendo con gioia i 14 chilometri di distanza.

 
D. - II significato di fratel Raffaele per oggi?

 
R. - Fratel Raffaele è una figura di eccezionale modernità: è un convertito che si apre alla luce e alla verità del Vangelo. E’ un religioso che avverte l'importanza dell'istruzione dei giovani, è un catechista che si impegna per l'educazione cristiana del popolo. E’ uno scrittore, un accademico, un leader che guida la Chiesa, in assenza di sacerdoti. Ma fratel Raffaele è un santo, che ha amato Dio con tutte le sue forze, mettendosi al suo servizio, ed ha amato la sua patria con tutto il suo cuore, discernendo e valorizzando i talenti della cultura e le bellezze della lingua malgascia. Fratel Raffaele è quindi un esempio per la gioventù malgascia, ad essere gioiosi testimoni di Gesli, buon maestro. Ma è anche un modello per i cattolici di tutto il mondo a rimanere fedeli alla Chiesa e al Vangelo anche durante le persecuzioni e le prigionie. Fratel Raffaele è un'altra perla che viene a impreziosire i giorni del nostro calendario.







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