“Tutti i popoli del mondo possono vivere in pace tra loro. È questo il disegno di
Dio”. Così Barack Obama, nel suo atteso discorso ieri all'università del Cairo, in
Egitto. In un intervento durato circa un'ora ha gettato le basi per quello che egli
stesso ha definito un “nuovo inizio” nei rapporti tra gli Stati Uniti e il mondo islamico,
basati su rispetto e dialogo. Ce ne parla Graziano Motta:
Un discorso
intenso, dunque, quello del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che ha tentato
di risanare il solco che si è creato tra Washington e mondo islamico negli ultimi
anni. ''Fortemente incoraggiato'' si è dichiarato il segretario generale dell'Onu,
Ban Ki Moon, così come Javier Solana - alto rappresentante della politica estera e
di sicurezza dell’Unione europea - si è detto certo dell’apertura di “una nuova pagina
nei rapporti con il mondo arabo-musulmano”. Ma il capo della Casa Bianca riuscirà
nel suo intento? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Lucio Caracciolo, direttore della
rivista di geopolitica “Limes”:
R. – L’intenzione
c’è, il coraggio pure. Lo stesso Obama è consapevole che sarà un’impresa di lungo
periodo, semmai riuscirà. Certamente, la situazione sul terreno non favorisce questa
intenzione.
D. – E' stata chiesta concretezza, non sole parole. Quali
sono adesso queste azioni di concretezza sulle quali procederà l’amministrazione americana?
R.
– Io credo che adesso l’amministrazione americana sia soprattutto concentrata ad ottenere
da Israele un significativo segnale sul fronte delle colonie ebraiche in Cisgiordania.
Mi pare anche che da parte israeliana non ci sia alcuna intenzione di dar seguito
a queste pressioni americane. Quindi, c’è un braccio di ferro, una tensione molto
forte tra il governo israeliano e il governo americano.
D. – Sul fronte
iracheno, da parte del presidente americano, c’è stata una sorta di ammissione di
colpa su un conflitto che ha di fatto spaccato gli stessi Stati Uniti...
R.
– Sì, Obama ha distinto tra la guerra in Afghanistan, una necessità, e la guerra in
Iraq, una scelta. E ha detto anche molto chiaramente che gli americani non intendono
mantenere soldati e basi né in Afghanistan né in Iraq.
D. – Quanto questo
discorso mette un punto rispetto alla passata amministrazione Bush?
R.
– Questo discorso in sé non mette un punto particolare se non nelle intenzioni. Quello
che finora manca in Obama è una linea politica che sia conseguente a queste grandi
dichiarazioni di principio. Non c’è ancora una strategia chiara.
Sul tema
del riavvicinamento degli Stati Uniti al mondo arabo, primo tema affrontato nel suo
discorso dal presidente Obama, Stefano Leszczynski ha sentito l’ambasciatore Mario
Scialoja, consigliere d’amministrazione del Centro islamico culturale d’Italia:
R. – E’
un discorso che, indubbiamente, marca una differenza rispetto alla linea seguita dalla
precedente amministrazione americana: il fatto che il presidente Obama abbia riconosciuto
che l’islam fa parte della stessa società americana, con i 7 milioni di cittadini
di religione musulmana che vivono negli Stati; il fatto che abbia fatto riferimento,
abbia citato varie volte versetti del Sacro Corano, insistendo sul fatto che l’islam
è una religione di pace e non di guerra; il fatto che si sia riferito al problema
mediorientale riconoscendo sì, l’esistenza e la necessità dell’esistenza di due Stati
– uno Stato palestinese ed uno Stato israeliano – ma che abbia contemporaneamente
fatto appello ad Hamas perché rinunci all’uso della violenza e apra un discorso politico,
pacifico e sincero: questi sono tutti elementi che francamente mi hanno – non dico
sorpreso - ma mi hanno veramente compiaciuto. Mi sembra che il presidente Obama abbia
toccato le corde giuste nel cuore dei musulmani e del mondo intero, e che abbia aperto
un’era di un dialogo più aperto e più franco tra gli Stati Uniti e il mondo islamico.
D.
– Il presidente Obama non ha eluso il problema del terrorismo e della minaccia estremista
sul mondo …
R. – Il presidente Obama, appunto, ha riconosciuto che i musulmani
stessi sono vittime del terrorismo. Ma io penso che lui abbia fatto un giusto appello
alla necessità di isolare questi gruppi di violenti che costituiscono senz’altro una
minoranza. Io trovo che sia stato un messaggio che debba essere recepito, perché nel
mondo islamico stesso questi gruppi devono essere isolati, circoscritti e combattuti.
E
sul discorso di Obama si è espresso anche il direttore della Sala stampa della Santa
Sede: padre Federico Lombardi ha parlato di intervento “molto significativo”, che
“può essere importante per stabilire nuovi rapporti tra Stati Uniti e mondo musulmano”.
“Apprezziamo molto - ha aggiunto - questo contributo che, si spera, possa dare un
nuovo impulso alla causa della pace”. Sulla stessa linea pure l’Osservatore Romano.
E
dopo la visita al Cairo, il presidente americano Barack Obama fa tappa oggi in Germania.
Al mattino incontrerà a Dresda la cancelliera Angela Merkel, poi visiterà il campo
di concentramento di Buchenwald. In serata, infine, il trasferimento in Francia per
partecipare alle celebrazioni per lo sbarco in Normandia.