2009-06-02 16:23:32

Il vescovo di Jaffna denuncia la “tragedia” dello Sri Lanka


“La cosa più drammatica è che le Tigri tamil hanno usato la gente – i civili – come scudi umani”, la denuncia viene dal vescovo Thomas Savundaranayagam di Jaffna, una zona situata nella regione settentrionale dello Sri Lanka. Il presule cattolico, sempre riferendosi ai ribelli, arresisi il 18 maggio scorso, aggiunge: “Li ho pregati di permettere ai civili di andare in un posto sicuro nella zona controllata dal Governo, ma non mi hanno ascoltato”. Lo “sfogo” del vescovo Savundaranayagam è stato affidato all’associazione caritativa cattolica “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS) e, ripreso dall’agenzia Zenit. L’esponente religioso ha anche ricordato il sacrificio di un sacerdote, morto l'ultimo giorno degli scontri, sfinito dalle tribolazioni che aveva dovuto patire per non aver voluto abbandonare i fedeli, che erano intrappolati nella zona dei combattimenti. Padre Mariampillai Sarathjeevan, di 41 anni, aveva deciso di restare con i rifugiati nella “zona di sicurezza” fino al 18 maggio, giorno in cui sono terminati appunto i combattimenti tra i militari e le “Tigri”. Il sacerdote era consapevole dei pericoli corsi, visto che il conflitto si era spostato proprio in quella zona. Secondo un comunicato stampa dell'arcidiocesi ddella capitale Colombo, Padre Mariampillai è morto per un attacco di cuore, mentre lasciava la zona di guerra con gli ultimi rifugiati. Era un sacerdote tamil, missionario oblato di Maria Immacolata, parroco a Kilinochchi ed era stato accanto ai civili fin dall'inizio degli scontri. Il bilancio dei combattimenti è davvero pesante nel racconto-denuncia del vescovo di Jaffna, che riferisce di 20mila morti ed il ferimento di 40mila persone, bersaglio, nella battaglia finale, dei colpi dell'artiglieria pesante e dei bombardamenti. Attualmente ci sono più di 200mila rifugiati, e 18 parrocchie, a Kilinochy e Mullaitivu, sono “totalmente distrutte”, ha comunicato il vescovo. Una situazione in cui “ogni tentativo di dialogo si è rivelato inutile”. Nel mese di marzo, infatti, Savundaranayagam aveva anche scritto al Capo di Stato Mahinde Rajapakse, rivelando di aver chiesto ai separatisti di permettere alla gente intrappolata vicino alla zona degli scontri di poter raggiungere, attraverso un corridoio di sicurezza, un santuario situato in un territorio posto sotto il controllo governativo. Il presule che denuncia lo stato dei fatti in Sri Lanka si è recato sotto copertura a portare aiuto nelle aree del conflitto rivelando di avere visto: “le parrocchie cadere una dopo l'altra”. “Non ho accesso a quei luoghi ora”, ha sottolineato con amarezza. “Alcuni dei miei sacerdoti sono rimasti fino alla fine con la gente e sono stati salvati dall'Esercito. Sono ancora nei campi di rifugiati”. Nonostante il drammatico quadro della situazione locale i sacerdoti cattolici continuano a celebrare la messa domenicale, visitano le famiglie e forniscono cibo alla popolazione stremata dagli scontri. (A.V.)







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